PRAINO - Il disco di Praino (Rec Dischi Indipendenti) (Recensione)
PRAINO - Il disco di Praino
(Rec Dischi Indipendenti)
Ascolti “Agnello”, il brano di apertura di questo disco (che già in sé racchiude il canovaccio della maggior parte delle canzoni; chitarrine simil reggae, ritornelli pop scazzati, una malinconia ridanciana soffusa), una bellissima riflessione sulle domeniche, e ti viene in mente il sabato italiano di Sergio Caputo. Riferimenti jazz a parte (ben radicati nel percorso artistico di Caputo), c’è quella stessa leggerezza, quel fatalismo tipicamente italiano (direi di più, meridionale), quel “scrollare le spalle” davanti all’insostenibile “pesantezza” dell’essere che fu di Caputo nei suoi momenti più alti. Insostenibile pesantezza che per Caputo, negli anni 80 non era sicuramente così “pesa” come può esserlo ora per uno come Praino, trentenne perennemente “fuori corso”, fuori dai giochi del mondo del lavoro (e chi a trent’anni non lo è, a meno che non sia raccomandato, ammanicato, paraculato). E allora non gli resta che sorridere, per non farsi annichilire dallo spleen. La Francia allora, il paese natale di Baudelaire, viene spesso tirata in ballo. Ma è una Francia, ancora, per niente dark, per niente da fleurs du mal. E una Francia da “Radical chic” (come nella canzone omonima), da ballare “cheek to cheek”, come avrebbe fatto Sinatra. E allora sì, benvenuto allo spleen easy di Praino. Che di pesantezza ne abbiamo fin sopra i capelli nella nostra vita reale di questa Italietta allo sbando.