Gli ATARI tornano con un nuovo album: “Can eating hot stars make me sick?”. In uscita 16 ottobre 2011

Gli ATARI tornano con un nuovo album: “Can eating hot stars make me sick?”. In uscita 16 ottobre 2011

ATARI
“Can eating hot stars make me sick?”
Etichetta/Edizioni: Suonivisioni
Distribuzione: Audioglobe
Data di uscita: 16 ottobre 2011
...stelle che a ben guardare sono pianeti, un cielo che mette un po’ paura perché profondo come lo spazio, un vulcano silenzioso, quello che dorme sul golfo di Napoli. Questa veduta, irreale e intima, è un panorama che è anche una panoramica, che funge, come raramente ormai accade, da vero e proprio sommario. È la copertina non casuale di un disco altrettanto
intenzionale “Can eating hot stars make me sick?”. In uscita il 16 ottobre 2011, il secondo lavoro degli Atari, “gruppo rivelazione indie pop” al Meeting delle Etichette Indipendenti (Mei) nel 2009, descrive la traiettoria di una
naturale evoluzione. Dopo il buon esordio nel 2008 del primo album “Sexy games for happy families”, il duo partenopeo non si sottrae dinnanzi al confronto col cambiamento e, a tre anni di distanza dall’esordio, raccoglie la sfida del tempo con “Can eating hot stars make me sick?”, pubblicato dall’etichetta Suonivisioni e distribuito da Audioglobe.
Le atmosfere più marcatamente “happy” del primo disco migrano verso un clima leggermente più scuro, la sostanza indie-pop resta immutata, così come le caratteristiche sonorità elettroniche, che si fanno però più suggestive e raffinate. Ne sono esempio non solo il primo singolo, che sarà accompagnato dal videoclip, “If my brain was a program”, ma anche brani come “White dreams”, la cui situazione emotiva suggerisce una vicinanza forse mai stabilita prima. L’attenzione alle cose resta il denominatore comune. Così gli Atari passano con disinvoltura dal retrogaming al canto delle balene, per il pezzo “Becomes a whale”, o dalle console 8-bit al suono delle stampanti di ultima generazione (vedi “Black
Ink”). La loro, dall’esordio ad oggi, è stata ed è una musica delle cose, un’indietronica del circostante che sedimenta e passa dalla memoria alla musica.

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