Clamoroso al Cibali

Clamoroso al Cibali

Il calcio in Italia è da sempre stato lo sport più seguito. Lo dimostrano i milioni di telespettatori attaccati ai propri schermi durante tutte le partite della loro squadra o della nazionale. Tra il pubblico e i giocatori però c’è una fondamentale mediazione rappresentata dai giornalisti sia della radio che delle tivù. Del confronto tra i diversi modi di fare telecronaca, tra fasi storiche, espressioni diventate poi di uso comune e di neologismi calcistici, si è parlato stamani alla Sala delle Colonne per la quinta edizione del Festival Internazionale del giornalismo. All’evento hanno partecipato i grandi giornalisti del mondo del calcio, spiegando ad una platea numerosa ed entusiasta, lo sviluppo del linguaggio sportivo e i diversi modi di raccontare una partita.
Il dibattito si apre con una ormai celebre frase: «Clamoroso al Cibali», pronunciata dal radiocronista Sandro Ciotti in occasione della sorprendente vittoria del Catania sull’Inter per 2-0 allo stadio Cibali. Il primo a prendere la parola è infatti Alfredo Provenzali voce storica di Radio Rai “Tutto il calcio minuto per minuto”, che spiega come il ruolo del radiocronista sia quello di raccontare, non solo i fatti ma di far emergere anche le sensazioni, di non diventare il personaggio principale e di attuare la giusta mediazione tra giocatori e gli ascoltatori. A rappresentare il mondo della tivù commerciale e pubblica ci sono Marco Civoli di Raisport, Maurizio Compagnoni di SkySport e Pierluigi Pardo di Mediaset. «Ci vuole un grandissimo equilibrio perché si deve fare attenzione a cosa si dice visto che in Italia il calcio ha un forte seguito» sostiene Compagnoni. Pardo invece parla di un mix di «equilibrio, rispetto e passione» per fare una telecronaca che comunque non sarà mai perfetta. «Cerca di non fare danni» era il consiglio di Bruno Pizzul a Marco Civoli. Tutti i presenti si sentono piuttosto fortunati a fare questo lavoro, ma Giuseppe De Bellis -Il Giornale- spiega come sia molto difficile scrivere di una partita già vista: in questo caso bisogna usare un linguaggio che permetta di leggere ugualmente l’articolo.
Nel corso degli anni la terminologia è cambiata nettamente e Provenzali racconta un breve aneddoto risalente a 50 anni fa: «Il cuoio beffardo si stampò sul legno maligno», solo per dire che un attaccante della Fiorentina aveva preso il palo. Si deve parlare in maniera semplice così da arrivare ad un pubblico più ampio, senza dimenticarsi della qualità. La differenza con il passato è che ora si cerca di trasmettere le emozioni mentre prima si cercava solo di far vivere la partita attenendosi ai fatti. Ma questa è stata un’evoluzione naturale dal momento che è cambiato anche il modo di relazionarsi degli sportivi.
Prima della chiusura dei lavori i telecronisti si sono cimentati nella telecronaca della finale dei mondiali dello scorso anno tra Olanda e Spagna: Civoli ha mostrato anche in questo caso la sua poca enfasi, tipica dei telecronisti Rai, mentre invece Compagnoni e Pardo, hanno dato l’ennesima prova della loro grandissima professionalità e bravura.
Certamente fare la radiocronaca o la telecronaca di una partita, o addirittura scrivere un commento il giorno seguente su un giornale è un compito davvero complicato, ci vuole talento anche perché non è un mestiere che si può improvvisare. Gli stili sono diversi e questo dipende anche dal carattere del singolo giornalista. La cosa però che unisce tutti è la passione che non deve mai finire.
Marco Biscardi

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