Diritti umani: i linguaggi della comunicazione
Dal 1961 Amnesty International ha sempre agito in favore dei diritti umani, nonostante siano cambiate le forme di tutela e, ovviamente, anche le forme di comunicazione. Ad introdurre la conferenza, tenutasi alla Sala Lippi Unicredit, è proprio Riccardo Noury, direttore e portavoce di Amnesty International Italia, sottolineando il ruolo fondamentale che tale associazione riveste da 50 anni, denunciando violazioni, raccogliendo testimonianze e raccontando la speranza di un cambiamento.
A sostegno del binomio diritti umani e comunicazione sono intervenuti inizialmente Elisabetta Benfatto e Francesco Matteuzzi entrambi docenti presso l’accademia delle arte figurative “Comics”, cercando di spiegare quale ruolo ricopre il fenomeno del graphic journalism. Questa nuova forma di linguaggio ha una vita piuttosto breve, circa un decennio, ma certamente è di forte impatto, grazie anche alla funzione del fumetto rimasto ancora uno strumento poco pericoloso e di conseguenza totalmente libero. Essendo un linguaggio molto giovane ed in crescita ci si improvvisa un po’ giornalisti a fumetti, ricostruendo in maniera attendibile tutto quello che è successo anche se non si è riusciti a cogliere il fatto direttamente. Grazie al fumetto, alla sua capacità di sintesi e quindi al mix di parole e disegni si riesce anche a raccontare la storia di Anna Politkovskaja, giornalista russa assassinata nel 2006.
La conferenza prosegue con l’intervento di Emilio Casalini, giornalista Rai ed autore del documentario/reportage “Iran about”. Casalini ha prodotto un filmato che racconta la vita di tutti i giorni di una popolazione che vorrebbe la fine del regime di Ahmadinejad, con un linguaggio innovativo che è riuscito a toccare direttamente la gente rendendolo estremamente interessante. «Si deve mescolare informazione, giornalismo e reportage per garantire all’oggetto un risultato emozionante, chiaro e conciso».
La conclusione dell’evento spetta al fotogiornalista iraniano Reza Ganji, arrestato, intimidato e costretto ad uscire dal proprio paese. Dal 2009 risiede in Italia e spiega come i giornalisti in Iran siano costantemente oppressi e siano considerati nemici del potere. Numerosi giornali indipendenti hanno chiuso, molti giornalisti sono in carcere solo per aver svolto il loro lavoro e una volta liberi gli è vietato di continuare ad esercitare la loro professione. «Chi protesta contro il regime, diventa anche nemico di Dio». Singolare è l’affermazione di Ganji ricordando infatti come l’attuale forma di governo in vigore sia una Repubblica Islamica teocratica, sostenendo infine come «la religione dovrebbe tornare al suo posto» cancellandola definitivamente dalla vita politica.
Il giornalismo occidentale può fare tanto soprattutto nelle zone in cui l’informazione è quasi del tutto chiusa. Se la comunicazione nel mondo e la libertà di stampa aumentano allora anche i diritti umani saranno sempre più rispettati dal momento che entrambe le questioni vanno di pari passo.
Riuscirà l’Iran, come l’Egitto e la Tunisia, a raggiungere la proprio libertà?
Marco Biscardi