DONNE AL POTERE
Primo incontro di un ciclo che vede protagoniste le donne, i loro corpi e le loro menti e il modo in cui vengono trattate dal sistema mediatico e di potere. Una riflessione che si interroga sull'inclusione/esclusione delle donne dalle posizioni di potere nella sfera pubblica e soprattutto nei modermi mezzi di comunicazione di massa. Le ospiti riescono a realizzare un dibattito vivace, mai ipocrita o retorico, che vola verso tematiche anche ancillari rispetto al tema centrale. Se è Emilio Carelli, direttore di Sky Tg24, a moderare il dibattito, il suo ruolo viene completamente oscurato dalle personalità di Concita De Gregorio – direttore dell'Unità dal 2008 (e giornalista nelle sezioni di cronaca e politica interna alla Repubblica dal 1990)-, Joumana Haddad – responsabile delle agine culturali del giornale libanese An-Nahar, poetessa, scrittrice e traduttrice – e Alessandra Arachi – giornalista del Corriere della Sera.
Una volta presentate, le ospiti hanno dato vita ad un dibattito dai contenuti pregni e dal ritmo vivace, che ha tenuto il pubblico attaccato alle loro voci, quella dolce della Haddad, quella ferma della De Gregorio, quella scanzonata della Arachi. La giornalista e scrittrice libanese, in particolare, ha incontrato l’approvazione del pubblico con le sue provocazioni, sempre molto a tono, su di un paragone, nemmeno troppo difficile da immagine, tra la situazione femminile del mondo arabo e quella della civiltà occidentale nella quale viviamo e di cui andiamo così (inutilmente) orgogliosi; tra una donna araba, e nello specifico libanese, che considera se stessa spesso come una vittima o, peggio, diventa complice della discriminazione di cui è oggetto e una donna occidentale, italiana se vogliamo, ancora troppo spesso piegata alla strumentalizzazione del suo corpo e al minor peso delle sue idee presso l’immaginario collettivo. La rimozione visiva del corpo –attraverso veli o burka – e l’ipervisibilità del corpo nudo attraverso gli schermi si presentano quindi come i due poli di una coalescenza imperniata sulla differenziazione della donna e delle sue possibilità cognitive e comportamentali.
Tuttavia le generalizzazioni e le relative contrapposizioni fra qualità femminili e qualità maschili vengono evitate per soffermarsi invece, con Concita de Gregorio, sull’involuzione drammatica avvenuta negli ultimi venti anni relativamente al tema preso in esame, quasi come se le generazioni che si affacciano ora nel mondo sociale siano chiamate a restituire ciò che quelle precedenti avevano avuto in dono durante gli anni ’70-’80 di questo secolo. Proprio per questo la direttrice dell’Unità, che non si stanca mai di ricordare quanto sia ancora difficile e impegnativo per una donna assumere ruoli decisionali all’interno del mondo del giornalismo (e non solo), auspica una reazione indignata delle donne che verranno, ormai consapevole che i dibattiti rischiano di chiudere il problema e le sue sfaccettature in una nicchia illuminata di privilegiati/e. In antitesi con questa visione sta invece la posizione della Arachi, la quale non condivide l’idea secondo la quale la situazione attuale ci riporta indietro di molti anni, ma sottolinea invece i successi ottenuti progressivamente nel campo delle pari opportunità nel mondo politico, economico, culturale e sociale del nostro paese. La cooptazione attualmente presente, rimarca la giornalista, tocca anche l’universo maschile; la retrocessione dei diritti non riguarda solo le donne, l’impoverimento culturale è generale. L’evoluzione c’è, benché lenta, e si può toccare con mano.
Le posizioni delle ospiti si incontrano e scontrano su molti temi collaterali a quello dell’accesso delle donne al potere, quali il corpo femminile e il senso di responsabilità, la violenza domestica, la sessualità, il precariato etc, lasciandoci comunque, al di là dei punti di vista che ogni ascoltatore può sposare, con una certezza: c’è una battaglia che si conduce ancora sul corpo e sulla mente della donna.