Eretici digitali: La rete è in pericolo, il giornalismo pure. Come salvarsi.

Eretici digitali: La rete è in pericolo, il giornalismo pure. Come salvarsi.

Nonostante l'assenza di Koro Castellano, causa ceneri e aerei bloccati, la premiazione per il progetto “Eretici digitali” è proseguita con successo. Il premio, nato dall'omonimo libro di Vittorio Zambardino e Massimo Russo, giornalisti di Repubblica, vede protagonisti giovani aspiranti giornalisti e affascinanti inchieste.
A precedere la premiazione, che ha visto vincitori After Jugo – Sarajevo the life of a generation di Marco Pavan e Eleven, un'inchiesta collettiva di 11 universitari di Catania, un dibattito fra gli ospiti sul rapporto tra giornalismo, democrazia e digitale.
“Il premio è incoraggiamento. Non è nuovismo, ma si tratta di una faccenda di sopravvivenza, – afferma Zambardino – l'importante non è salvare i giornali, ma salvare il giornalismo.” Poi, continua con una critica a un dibattito giurassico avvenuto ieri fra la Federazione Editori, il Sindacato “unico e sovietico” dei giornalisti, l'ente pensionistico e un'esponente del Governo, nonché “portavoce” di Bonaiuti, e il Presidente dell'Ansa. Si parlava di riduzione del personale, dei costi della carta, della drammaticità senza via di uscita. Il rischio che portano dibattiti, se così si possono definire, del genere è che il giornale si trasformi “nell'opera lirica dell'informazione”. Il filo conduttore di “Eretici digitali”, invece, è proprio quello di un giornalismo capace di reinventarsi.
La parola passa, dunque, a Marco Pancini, responsabile di Google, che conferma il fatto che chi lavora in rete, non odia la stampa. Ma, anzi, i due mondi hanno molto in comune. “Non c'è mai stata la velleità di entrare nella creazione dei contenuti, limitandosi a quella delle piattaforme”, dichiara. Sta cambiando, quindi, il modo di accedere all'informazione, i lettori sono in aumento e internet non è un nemico.
Anche Massimo Russo, co-autore di “eretici digitali”, riconosce a Google il ruolo centrale nella rivoluzione informatica e di informazione in corso. Ma, il passaggio al digitale presenta comunque dei rischi non trascurabili, che si arricchiscono delle peculiarità del caso italiano. Infatti, nel momento in cui la rete diventa esperienza quotidiana, si trasforma in fenomeno di massa, e come tale, viene subito attaccata dal potere. Così, se il giornale tradizionale deve abituarsi al digitale, deve avvenire anche il contrario, poiché il digitale ha estremo bisogno di un buon giornalismo, del racconto del potere. Ulteriore punto oscuro della vicenda è quello degli intermediari, i “padroni del tubo”, ai quali si è costretti a dover chiedere il permesso per pubblicare, diffondere, far conoscere. Basti pensare al caso di Mark Fiore, uno dei più grandi giornalisti satirici del mondo, a cui è stata negata un'applicazione per Iphone dalla Apple.
Per non parlare, poi, della questione “pubblicità”, il polmone per chi lavora in rete.
In fondo, il punto è non imbigottirsi di fronte al digitale, che, anzi, deve essere considerato come evoluzione, come arricchimento del giornalismo tradizionale, senza pensare che ciò possa portare alla disintegrazione del cartaceo. E' una crescita inevitabile, un processo rivoluzionario che, se saputo utilizzare, è solo che bene.

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Collaboratore
Festival Internazionale del Giornalismo 2010