Etica e giornalismo: soluzioni problematiche.

Etica e giornalismo: soluzioni problematiche.

La seconda giornata del Festival Internazionale del giornalismo si apre con un'ospite d'eccezione. Niente di meno che il Ministro della Giustizia, Paola Severino. Il tema affrontato durante l'incontro alla Sala dei Notari è importante, tanto per i giornalisti, quanto per l'opinione pubblica. D'altronde, le due cose sono strettamente collegate. Etica e giornalismo, dunque. E come le due cose correlate funzionino o non funzionino. Il dibattito nasce grazie a AstraRicerche che, negli ultimi mesi, ha sondato il terreno dell'opinione pubblica circa gli strumenti giornalistici e l'uso che degli stessi viene fatto, a discapito o a favore della Verità. Ciò che è stato chiesto a un campione, a dire il vero, veramente ampio e variegato di cittadini, è stato, in primo luogo, cos'è un giornalista “etico”? Il risultato ha dimostrato una certa maturità da parte del popolo italiano, in effetti inaspettata. L'italiano medio ha, dunque, chiarissima l'idea di “buon giornalista”. Ora, il perché poi, nella pratica, non riesca a discernere il bene dal male, è un altro discorso. Ancora più paradossale, a questo punto, il come si faccia prendere in giro così facilmente dall'informazione pilotata. Bene, il buon giornalista è colui che riferisce notizie vere, distingue fatti da opinioni, non opera nell'interesse occulto di parti politiche o pubblicitari. Escludendo, ovviamente, il fenomeno dei giornali di partito, ciò che si condanna è la mancanza di trasparenza. Ci sarebbe, infatti, un “asservimento implicito e non controllabile”, così dichiara Enrico Finzi, presidente di AstraRicerche. E come dargli torto, d'altronde. La Severino, infatti, non se la sente di smentire né lui, né gli italiani-campione e dichiara: “Il conflitto d'interessi in campo giornalistico è un problema di gran lunga trascurato”. E di fronte all'inaspettata maturità del popolo, ci si preoccupa anche del dilagante senso di sfiducia, al quale, però, non si può prospettare una soluzione in termini di nuova legislazione. L'elefantiasi che caratterizza da sempre il sistema giuridico italiano, infatti, non ha alcun bisogno di essere alimentata. La soluzione, quindi, sta nella formazione del giornalista in primis. C'è bisogno di un cambio di mentalità da parte dei protagonisti stessi dell'informazione. “La deontologia è la traduzione normativa di un valore morale: l'Etica.”, afferma il Ministro. Il punto è che, se negli altri Paesi l'equazione funziona, qui l'etica è semplicemente il valore di qualcuno, bisognoso di un'imposizione normativa perché la si applichi a tutti. Senza grandi risultati, fra l'altro. E allora chi deve difendere l'etica? Secondo gli italiani, la politica e le istituzioni sono completamente inadatte, mentre grande fiducia viene riposta nell'Ordine dei Giornalisti, che esce sì vittorioso dal sondaggio, ma tenendo presente che solo un terzo degli italiani ne conosce l'esistenza. E chissà che gli ignari non vivano meglio. E' proprio sull'etica e sulla presunta tutela della stessa che si giustifica, così, la presenza di un ordine corporativo. Secondo il Ministro, occorre un miglioramento del sistema, soprattutto per quel che riguarda le sezioni disciplinari degli Ordini professionali. Spesso, si sa, la giustizia fatta in casa riesce ad essere piuttosto lontana dall'idea platonica di Giustizia.
Si passa, poi, a parlare di intercettazioni. Tema strettamente legato all'etica e al buon giornalismo, in cui si esplica tutto il problema del bilanciamento di interessi, di cui deve tener conto ogni buona normativa. Gli interessi in gioco, stavolta, sono ben tre: quello della magistratura al buon andamento delle indagini, quello dell'indagato alla riservatezza e quello del giornalista al pacifico svolgimento del proprio mestiere e di conseguenza, quello del pubblico interesse a conoscere le notizie rilevanti. La Severino si limita a proporre come soluzione una serie di “filtri”, preventivi e successivi, che permettano di selezionare le notizie rilevanti, espungendo quelle personali e “gossippare”, per intenderci. Ferma restando la possibilità, da parte della magistratura, di segretare ciò che ritiene necessario al normale svolgimento delle indagini. Ma, ciò a cui invece non risponde è proprio la fattibilità concreta di una riforma del genere. Il Ministro pare porsi poco il problema dei tempi della Giustizia italiana, talmente dilatati da rendere la notizia già vecchia, dunque poco utile. A scapito dell'informazione e delle eventuali responsabilità, anche (e spesso) politiche, degli imputati. Insomma, la soluzione pone un altro problema, forse meno risolvibile del primo. Un cane che si morde la coda. Di nuovo.

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