Fabbrica Internazionale Automobili Toronto.

Parole pesanti quelle di Marchionne ieri a "Che tempo che fa". Parole che il Presidente della Camera ha descritto come più appropriate a un canadese che a un italiano. Pare, infatti, che l'amministratore delegato Fiat si sia dimenticato che se l'azienda esiste ancora è anche grazie ai contribuenti italiani. Lo stampo pubblicistico della casa automobilistica non è un ricordo così lontano. Così dichiara:"La Fiat potrebbe fare di più se potesse tagliare fuori l'Italia". "Nemmeno un euro dei due miliardi dell'utile operativo previsto per il 2010 arriva dall'Italia", continua. Oltre al danno anche la beffa, insomma. E' facile sputare sul piatto in cui si è mangiato, è facile giustificare la chiusura degli stabilimenti, è facile dimenticarsi che se la Fiat è quella che è, e soprattutto, è ancora, nel senso che esiste, è grazie all'Italia e agli italiani, che, per scelte politico-economiche, discutibili o meno, si sono addossati il peso del fallimento di anni di politiche aziendali. Proprio su questo punto, Marchionne ribatte: "Qualsiasi debito verso lo Stato è stato ripagato in Italia, non voglio ricevere un grazie, ma non accetto che mi si dica che chiedo assistenza finanziaria". E ci mancherebbe altro. Non si è mai visto che un creditore dica "grazie" al proprio debitore. Gli semplicemente spetta il pagamento del debito. E anzi. Potrebbe addirittura pretenderlo.
I sindacati e il capogruppo in Commissione Lavoro del Pd, Damiano, replicano duramente alle parole dell'amministratore delegato. "Marchionne parla come se fosse un'azienda che sta decidendo di investire in Italia", e dati i risultati reali, le cose non sono poi così diverse in concreto. Lui è italo-canadese, gli stabilimenti italiani sono sull'orlo del fallimento e i soldi si investono per tirare su le aziende americane, in un processo di esterizzazione che dimentica quanto l'Italia sia stata e sia, dato che abbisogna ancora del consenso politico, fondamentale per la crescita della Fiat.