Google News Initiative: l’Intelligenza Artificiale in redazione

Google News Initiative: l’Intelligenza Artificiale in redazione

 a cura di Selena Mariano
 
Oggi venerdì 5 aprile, all’interno del Festival Internazionale del Giornalismo, David Dieudonné (Google News Lab Francia) e Patricia Georgiou (Jigsaw) hanno illustrato le iniziative ed i tool che Google ha messo a disposizione per il giornalismo.
Ha aperto l’incontro Dieudonné, spiegando in che modo Google offre il suo supporto e in quali aree. La prima di queste è il data journalism, per il quale si stanno cercando nuovi modi per raccontare storie. Il secondo intervento è finalizzato a cercare nuove strategie per raggiungere il pubblico: qui Google interviene con le AMP Stories, a cui si accompagnano strumenti per supportare e salvaguardare dati e infrastrutture. Tutto questo attraverso un uso massiccio delle IA, che sono il core centrale dei progetti Google, l’ultimo dei quali è Journalism AI.
Il progetto mira a mettere a disposizione tool, creati con machine learning e IA, per tutte le news organizations. Google nei suoi servizi base già usa massicciamente IA, basti pensare a Gmail, Maps, Translate o Docs. E anche l’industria dell’informazione, soprattutto per curare la qualità dei contenuti e delle pubblicità. Secondo Google, utilizzare l’IA nella redazione è redditizio ad ogni passo della catena produttiva dell’informazione.
In particolare, si cerca di restringere a tre aree specifiche di intervento: aumentare l’efficienza della redazione; ridare nuova vita ai contenuti archiviati; raccontare storie su grande scala.
Aumentare l’efficienza della redazione. Per ottenere questo incremento, Google si è concentrato sugli strumenti di trascrizione delle interviste basandosi su Cloud Natural Language API. Sono riusciti così a creare un tool che permette di ridurre l’80% del tempo impiegato nella trascrizione. Un altro versante è coperto da Digital News Innovation Fund: l’IA legge l’estratto di un articolo, chiede al giornalista se è il caso di tradurlo. Se il responso è positivo non sarà però la macchina ad agire, ma il giornalista – sottolinea Dieudonné – perché tradurre richiede delle abilità che la macchina non ha.
Ridare nuova vita ai contenuti archiviati. L’obiettivo è creare “archivi intelligenti”, ovvero archivi di notizie vecchie catalogate e facili da consultare. Il risultato degli esperimenti sono stati 3000 articoli categorizzati al giorno, conseguito grazie a Cloud Natural Language API. Quest’ultimo lavora non solo con i testi, ma anche con le immagini. Google Arts & Culture ha creato così una raccolta di foto categorizzate sul riconoscimento di comuni parametri trasversali.
Raccontare storie su larga scala. Attraverso una collaborazione con ProPublica e con l’uso di Cloud Natural Language API, si è riusciti a creare un database di tutti gli hate crimes riportati in USA. La raccolta si chiama “Documenting Hate” ed è consultabile online. 
È intervenuta poi Georgiou che ha spiegato come l’IA è sfruttabile per proteggere l’informazione e i lettori.
Ha iniziando spiegando come in tutto il mondo, tutto il tempo, i siti di informazione vengono costantemente minacciati dai D-DoS Attacks (digitalattackmap.com). Questi attacchi arrivano a causare dai $250.000 a $1.000.000 di danni all’industria dell’informazione. Anche Google è spesso soggetto ai questi pericoli, per questo ha sviluppato Project Shield, con un’IA che ad ogni attacco impara sempre meglio a difendersi. È a disposizione gratuitamente per tutti e mira a proteggere le infrastrutture dell’informazione.
Google vuole anche difendere dai commenti negativi e dalla tossicità presenti in Internet sia i giornalisti, sia i lettori perché reputa che possano minacciare il dibattito democratico, il confronto e l’evoluzione delle società. I dibattiti – spiega Georgiou – partono solo nel momento in cui i media fanno luce su certi argomenti. È per questo che gran parte di questi confronti di opinioni avvengono nella sezione commenti degli articoli. Ma è anche qui che le offese dirompono: “humans can not be moderate”. Per fronteggiare questo problema molte redazioni hanno rimosso la possibilità di commentare articoli, ma anche questo è una minaccia al confronto democratico. Google, perciò, in partnership con il New York Times, ha sviluppato un algoritmo di machine learning (Perspective API) che riesce a rilevare specifici pattern in ampie raccolte di dati, in modo tale così da riconoscere quali commenti siano offensivi e in che grado. Dopo averli individuati, li notifica ai moderatori che decidono quanti e quali rimuovere. Così il dialogo con i lettori può tornare attivo.
Infine, l’ultimo strumento presentato è Outline, sviluppato per tutti quei giornalisti che vivono in paesi nei quali c’è poca libertà di stampa e investigano su eventi. È un VPN che garantisce sicurezza dai controlli e dagli spionaggi.
 
Al termine è stato lasciato spazio alle domande.

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