Il giornalismo in Russia
In Russia dal 2000 al 2009 sono stati uccisi 19 giornalisti e si calcola che dal post guerra fredda ne siano stati uccisi circa 70. Di questi, 5 scrivevano sulla Novaja Gazeta, il giornale dove scriveva anche Anna Politkovskaja, uccisa con cinque colpi di pistola davanti casa sua il 7 ottobre del 2006. “Il giornalismo in Russia è diventata una vera e propria guerra, dato che i caduti sul campo sono molti e il numero, purtroppo, è destinato a salire”, afferma il vicedirettore del giornale Vitaly Yaroshevski durante la gremita conferenza sulla vita del giornalismo russo che si è svolta all' Hotel Brufani. Il vicedirettore racconta del suo lavoro e di quello dei suoi colleghi che lavorano in una redazione che ormai è diventata anche una sorta di museo dei cimeli dei giornalisti caduti sul lavoro, una redazione in cui le riunioni cominciano sempre con una preghiera in ricordo di tutti loro. Anna Politkovskaja è solo l'ultima delle vittime del sistema politico russo, che decide di non indagare sulle morti di queste persone (solo il 20% degli omicidi ha avuto una soluzione), lasciando l'opinione pubblica russa e mondiale all'oscuro delle reali cause delle morti. E forse questa situazione è anche colpa degli stessi russi, afferma Lidija Yusupova (giornalista e candidata al premio nobel per la difesa dei diritti umani): nessuno si sconvolge di questi avvenimenti né si scandalizza perchè le persone sono ormai drogate dall'informazione fittizia che il governo Putin realizza e diffonde sulle sue tv statali (il alcune zone del Caucaso e della Cecenia è possibile vedere solo il “primo canale” dello Stato), simbolo della totale mancanza del legame tra la popolazione e le istituzioni governative. E che, anzi, a volte si sente quasi offesa dalle manifestazioni che si svolgono in altre parti del mondo, dove il livello di indignazione sembra più alto, come se fossero offesi dal fatto che altri popoli piangano e giudichino le vittime di attentati e stragi russe. Nonostante tutto questo, i giornalisti della Novaja Gazeta e delle altre poche testate libere continuano a lavorare e sperare di poter riuscire a risvegliare le coscienze russe, restando alla loro scrivania, senza scoraggiarsi e pensare di abbandonare il loro lavoro ; nonostante molti giornalisti sono consapevoli di essere seguiti e pedinati, i giovani ancora si appassionano a questo mestiere ed entrano nella redazione dei giornali speranzosi di poter raccontare la verità sulla politica russa, sulla forte corruzione che la corrode e sulle aree della Russia come il Caucaso e la Cecenia dove i diritti umani sono totalmente calpestati (anche se ora il giornale ha deciso di non mandare più nessuno in zone quali la Cecenia per non rischiare di lasciare un'altra scirvania vuota nella redazione): i giovani, grazie al supporto di Internet, diffondono nuovi contenuti liberi e grazie al coraggio di alcuni giornali si formano le nuove leve. I due giornalisti ci lasciano ricordandoci di non smettere mai di fare domande scomode, di provare sempre a mettere in difficoltà le alte cariche, di informarsi su come i processi sulle morti di questi martiri del giornalismo si stanno evolvendo, perchè in questo modo “anche se non si riuscirà ad arrivare alla soluzione”, conclude Vitaly Yaroshevski, “almeno gli faremo passare il resto della giornata con un nervoso mal di stomaco, perchè a loro non piace essere messi in difficoltà”.