L'Europa tra sogno, incubo e notti insonni

L'Europa tra sogno, incubo e notti insonni

Luigi Zingales, economista alla Chicago's University, propone nel suo ultimo lavoro, edito da Rizzoli, la sua analisi e le sue proposte per un’Europa che dal lungo inverno del 2008 ha progressivamente perso la sua forza d'attrazione nei popoli del Vecchio Continente, creando contraddizioni, scettiscismo in molti casi comprensibile, fino a forme di rifiuto organizzato del sogno europeo.
L'Europa ha commesso errori. Il caso greco è emblematico. La sofferenza spagnola corrobora la tesi. L'Euro, invenzione francese, frutto di compromessi politici tra Parigi e Berlino elaborati nel corso di lunghe trattative sul finire degli anni '80, sembra per molti una maledizione da cui liberarsi il prima possibile.
In quel caso si giocava la partita della riunificazione delle due Germanie tanto amate da Giulio Andreotti.
Il dogma europeo può, come tale, rimanere un totem o diventare bersaglio della più efferata iconoclastia. Il confine tra sogno o incubo europeo diventa sempre più sottile. Come sempre più spesso e solido diventa il gap tra la reale conoscenza del fenomeno "Euro", anche tra i presunti addetti ai lavori così come tra i cittadini dell'Unione.
Zingales non ci gira intorno. Sbagli ce ne sono stati tanti. L'Italia non ha saputo negli anni '90 valutare i costi e i benefici dell'entrata nella moneta unica e ora ne paga ampiamente le conseguenze.
Diventano comprensibili, allora, le ragioni, anche se maldette o puramente propagandistiche - siamo alla vigilia delle elezioni europee di Maggio 2014 - di chi dice che una fuoriuscita dalla moneta unica sarebbe solo un vantaggio per il Paese. Forse nel breve periodo.
Ma la necessità di fondo è guardare in lunga prospettiva. L’Italia non ha saputo cogliere le grandi opportunità degli anni '90 ed ora si trova ad un bivio dove la parola "ristrutturazione del sistema" diventa un passaggio obbligato.
Due le soluzioni possibili dell'economista italiano: un processo consensuale di redistribuzione fiscale non permanente e bidirezionale, soluzione ardua, soluzione politica soprattutto, che, se ben meditata, porterebbe a una lunga serie di benefici comuni. C'è bisogno d consenso. Chiedere ai paesi virtuosi di accollarsi le magagne debitorie del nostro Paese non è cosa facile.
Bisogna agire, per renderla appetibile, sulla mobilità, un lavoro che necessità di una rete di protezione continentale che renda, finalmente, popolare la parola "Europa" e non permetta più di associarla al Leviatano che divora senza dare. L'esempio americano fa da modello di riferimento.
La seconda proposta parla di una separazione consensuale tra i Nord virtuoso ed il Mezzogiorno dell'Unione. Anche qui la prospettiva è politica.
Due "Euro" nell'Unione. Scelta non traumatica per il gigante tedesco, vantaggiosa per il Sud d'Europa e i suoi tassi d’inflazione attuali. Visione ampia, difficilmente attuabile, del tutto indifferente a Francoforte che sta bene come sta.
Questa paralisi di scelte ripresenta in forma inedita la storia della nostra unificazione nazionale con lo strascico irrisolto della "Questione meridionale". Un errore delle classi elitarie piemontesi.
E' l'elitismo, nell’analisi di Zingales, il demone principale del momento. Il consenso, la ridiscussione democratica e partecipata della moneta e della politica fiscale, sul modello americano, l'antidoto alle spinte centrifughe e irrazionali dell'ultima ora.
Nel frattempo, si sta nel limbo del dormiveglia. Tra sogni realizzabili, indubbiamente lenti e impegnativi, e rapidi incubi dagli effetti improbabili e dagli esiti certamente infausti.
Nel mezzo mille forse, anche più, e cinquecento milioni di cittadini europei.
 
 
Di seguito l'intervista realizzata a Luigi Zingales:
 
 
 
 

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Collaboratore
Festival Internazionale del Giornalismo 2014