L’ultima notizia. L’informazione dopo il crollo degli imperi di carta.
Le grandi testate giornalistiche non assicurano più ai giovani giornalisti che si affacciano sul mondo dell’informazione contratti a tempo indeterminato o a tempo determinato. Questi ultimi si trasformano sempre più in fantasmi, in echi un passato che non può per il momento riprodursi. Ma la situazione non si presenta più rosea per i giornalisti più “anziani”, che da ormai diversi anni lavorano all’interno di importanti giornali. Sicuramente gli effetti della crisi economica mondiale si sono fatti sentire, vi è stata una contrazione “rilevante” nella vendita di giornali in forma cartacea. Un vero e proprio crollo, che si è trascinato dietro una serie di licenziamenti a catena e la chiusura di numerose testate di dimensioni più ridotte. Ma il quadro è forse più drammatico: le esigenze di abbattere i costi di produzione hanno spinto numerosi editori a rescindere contratti di lavoro, o a “precarizzare” i collaboratori giornalistici, restringendone le tutele sul piano ad esempio della previdenza sociale. Si è moltiplicato il ricorso a giornalisti sottopagati, oppure pagati “in nero”. Esistono ancora prospettive occupazionali per i giovani giornalisti? In realtà queste, intese nel senso tradizionale di occupazione, sono piuttosto esigue, dovendo riuscire ad adattarsi ai dettami di flessibilità. Devono cioè riuscire a realizzare prodotti già pronti, appetibili per il mondo dell’editoria. Alla crisi strutturale in cui versano i quotidiani, si inserisce la rivoluzione informatica compiuta dalle nuove tecnologie. Vengono abbattute le ultime frontiere dell’informazione e si realizza lo scambio di informazione in tempo reale. I giornalisti diventano ossessionati dalla necessità di “stare sempre sul pezzo”, di rincorrere “l’ultima notizia”. Se da un lato si accorciano i tempi di reperimento delle notizie e si accorciano le distanze, per cui una mole sempre maggiore di informazione viene posta sul tavolo di lavoro; dall’altro, però, si contrae drasticamente il tempo a disposizione dei giornalisti per visionare e vagliare la mole di informazioni raccolte. Su queste tematiche si sono confrontati Marco Bardazzi, de La Stampa; Mario Calabresi, direttore de La Stampa; Massimo Gaggi, del Corriere della Sera e Megane Garber, della Columbia Journalism Review online nell’incontro dedicato appunta, in modo provocatorio a “L’ultima notizia. L’informazione dopo il crollo degli imperi di carta”. I giornalisti sperano di sopravvivere rincorrendo sempre di più alle “latest news”. Ma forse si tratta di una partita persa in partenza. Forse occorrerebbe ripensare al modo di fare informazione al tempo della rete, cercando di scrivere “notizie” che non abbiano una “data di scadenza imminente”. Notizie che non siano out-of-date allo scoccare della mezzanotte. Probabilmente il giornalismo non deve stare ossessivamente dietro al continuo ed ininterrotto flusso di informazioni che derivano dal web, ma deve ritagliarsi uno spazio per poter svolgere in modo serio la propria funzione. Anche perché il flusso di informazione che produce il web è frutto dell’interazione di milioni di persone, giornalisti o bloggers, una simile mole di informazione non potrebbe essere infatti prodotta da un unico soggetto.