Meno male che Fini c'è.

Meno male che Fini c'è.

Fini a Ballarò sembra essere un uomo più tranquillo di quello che abbiamo visto durante la "rissa" con Berlusconi. Ma, nonostante tutto, continua a ribadire le differenze tra partiti e governo e il fondamento di una democrazia non plebiscitaria. "Sono convinto che una leadership carismatica non sia negativa per il Paese, ma il rapporto diretto deve essere mediato da un partito”. Fini non ce l'ha con il Pdl, forse neanche con Berlusconi, ma più sul ruolo che quest'ultimo ha raggiunto nel Pdl e viceversa. Passa, poi, a difendere le dimissioni di Bocchino da vicecapogruppo alla Camera del partito di maggioranza, attendendo quelle conseguenti di Cicchitto. Il finiano, però, pare abbia trascurato il fatto che il capogruppo non cade automaticamente se viene meno il vicario, ma, al massimo, è il contrario. Così, Bocchino si dimette e Cicchitto, intanto, ne prende atto. Cerca di prendere tempo. "Ci siamo scambiati i rispettivi punti di vista sulla situazione politica - spiega il capogruppo Pdl - e anche sullo statuto del gruppo. E' evidente che il problema delle dimissioni di Bocchino deve essere esaminato anche dal gruppo dirigente del partito. Di conseguenza si è deciso di prendere il tempo necessario per un esame della situazione. Nel frattempo è stato concordato il massimo impegno comune per assicurare l'unità politica e operativa del gruppo a sostegno del governo". Non sembra un uomo di coraggio, insomma. D'altronde, la situazione è più complicata del previsto. C'è il rischio che i finiani perdano la loro, già minuta, forza all'interno del partito, da una parte, e che si ritrovino fuori e completamente soli, dall'altra.
Da Floris, Fini conclude parlando dei costi del federalismo fiscale, per i quali parlerà alla Lega e dell'inno di Berlusconi: Meno male che Silvio c'è. Sembra che non gli piaccia. Tranquillo, Gianfranco, almeno in questo non sei solo.

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Politica Nazionale