Miopia politica mascherata da ottimismo
Da un incontro con Erik Gandini – regista del famigerato documentario Videocracy – e Tommaso Tessarolo, GM di Current Italia t'aspetti un dibattito, analitico e approfondito, sul regime imperante da quasi un trentennio in Italia: la videocrazia. Una volta uscito dal Teatro Pavone, l'aspettativa rimane purtroppo solo tale, perchè l'incontro “Videocracy. Basta apparire” in programma la mattina del 24 aprile a Perugia è stato fortemente deludente.
Nell'ora di conversazione, moderato dalla bellissima Elena Martelli di Repubblica, si è parlato dell'importanza della lotta alla censura acquisita dalle nuove frontiere della tecnologia come internet. L'ennesimo elogio alle nuove tecnologie che, però, si rivolgono a un pubblico “già convertito”. La Martelli ripete più volte che la censura ottiene spesso un effetto boomerang, perchè scatena le presunte reazioni e sdegno della società civile nei riguardi di chi censura. Gandini si limita prudentemente a ricordare i trailer di Videocracy censurati dalle televisioni mainstream e a ribadire che un italo-svedese come lui può raccontare l'Italia delle veline e dei puttanieri con uno sguardo esterno maggiormente obiettivo. Le domande a questo punto nascono spontanee, come funghi in un bosco: quale boomerang? Quale reazione? Sono anni che, in certi ambienti radical-chic di sinistra, si continua a ripetere che i new media e la società civile che li utilizza – e talvolta strumentalizza – stanno per compiere una nuova rivoluzione culturale che rivolgerà finalmente lo status quo e le “vecchie classi dirigenti oligarchiche e consumate”.
L'apice dell'autoreferenzialità e della miopia politica si raggiunge poi quando Tessarolo afferma che con share come quello di “Rai per una Notte” si può iniziare a sperare in un cambiamento della televisione e quindi delle sorti del nostro Paese.
Nessuno parla di cultura, nessuno accenna alla ricerca delle ragioni per cui più di metà degli Italiani non si inorridiscono di fronte a intercettazioni agghiaccianti ma s'azzuffano per prendere un paio di mutande griffate Coronas da un balcone milanese. Nessuno si chiede perchè la videocrazia è sempre più forte e nessuno tenta di analizzare le motivazioni per cui gli Italiani sono cambiati a partire della nascita della televisione privata.
E' un po' la logica di questo Festival del Giornalismo: rivolgersi a un pubblico che vuole capire, approfondire, ma vuole inorridirsi e arrabbiarsi fino a un certo punto. E' la logica per cui spesso – soprattutto durante quest'incontro – sembra di assistere a un teatrino autoreferenziale che appare lontano dalla realtà, che non è quella delle file per Travaglio, o dei blog socialmente (in)utili. Ma è quella della famigerata Casalinga di Voghera, di cui naturalmente non si parla perchè non si hanno risposte su come eliminarla.