Oliviero Toscani: Il giornale che vorrei.
L'attesa di circa mezz'ora davanti al Teatro Pavone non è stata noiosa e lunga come ci si potrebbe aspettare da una qualsiasi fila che si fa per entrare in un teatro. Non lo è stata perchè era interessante osservare come la gente fremeva sotto il gentile sole d'aprile per vedere ed ascoltare da vicino uno dei più grandi fotografi e artisti italiani. Non lo è stata perchè c'è anche stato il tempo di farsi due risate sotto i baffi quando un altro giornalista in fila come me mi ha chiesto se questo tizio era così famoso da giustificare una folla del genere. E non lo è stata perchè quando sono entrata in teatro, mi sono seduta e ho visto salire sul palcoscenico Oliviero Toscani ho capito che sarebbe stato un convegno coinvolgente ed ovviamente interssante. E così è stato: Toscani non ha avuto peli sulla lingua e ha lanciato frasi ironiche contro i giornali e la televisone che non tanto velatamente celavano una punta di disprezzo. Disprezzo per la banalità dei temi e delle immagini trattate; disprezzo per le giornaliste che il fotografo paragona a Barbie. Tutte belle e curate nella loro bellezza uniforme e uguale. Oliviero Toscani ha raccontato che il suo interesse per giornalismo è nato da bambino, quando a scuola vedeva gli insegnanti leggere il giornale in cui erano contenute le fotografie che lui aveva visto il giorno prima nell'ufficio del padre Fedele, che faceva il fotoreporter. Da questo ricordo d'infanzia il fotografo è passato a raccontare di quando, una quindicina di anni fa, si è trovato a dirigere un giornale, un house organ per la Benetton. Il giornale portava il nome di Colors. Da qui è partito un excursus fatto di immagini tratte dal giornale e ricordi tratti dalla sua realizzazione. Ogni numero di Colors era dedicato ad un tema, che veniva sviscerato ed analizzato attraverso tante fotografie e poche parole. Poche si, ma sufficienti per dire quello che avevano intenzione di dire. Toscani ha raccontato che le foto provenivano do molteplici fonti, e che sono andate a costiuire un archivio che molti giornali odierni possono solo sognarsi. E non faccio fatica a crederci: nelle pagine della rivista che Toscani ha mostrato c'erano decine di foto. Di tuti i tipi e di tutti i colori. E con una particolarità che le caratterizzava tutte: l'attualità. E' stato impressionante osservare fotografie di oltre quindici anni fa e avere la sensazione che siano state scattate da pochissimo. E lo stesso discorso vale per i temi che Colors trattava: razzismo, AIDS, droga, sesso, shopping e via dicendo. Certo non sono i temi di per sè che danno l'idea di attualità, ma il modo con cui sono stati trattati.Con verità cruda, semplice, a volte banale, e soprattutto, vera. Sì, una verità vera, che non cerca di adattarsi al consenso della maggioranza come accade oggi. E' così che Oliviero Toscani definisce i giornali di oggi: un adattamento per cercare consenso facendo il grave errore di cadere nella mediocrità. Il workshop era intitolato "Il giornale che vorrei", cioè il giornare che Toscani vorrebbe realizzare ma che secondo lui nessuno gli permetterebbe di realizzare, perchè troppo diverso da tutto ciò che circola nell'arena mediatica e forse troppo scomodo per troppe persone.