Percorsi professionali e prospettive occupazionali dei futuri giornalisti.
Sono intervenuti alla Panel discussion Angelo Agostini, direttore di problemi dell’Informazione, Ugo Barbàra, dell’Agenzia giornalistica Italia e fondatore di To report, Marcella Cardini, direttore del Centro di documentazione giornalistica e Lella Mazzoli, dell’Università di Urbino. La discussione avrebbe fdovuto toccare il tema della qualità e della natura della formazione nella professione giornalistica, sulla necessità di sottoporla a riforma in seguito ai grossi cambiamenti intervenuti con la diffusione dell’informazione online. Anziché rispondere alla domanda che la maggior parte dei giornalisti che si affacciano sul mercato del lavoro si pongono, siano essi aspiranti giornalisti, pubblicisti, semplici appassionati, oppure fotografi o blogger, od altro ancora: quali sono le prospettive occupazionali per i giovani che vogliono fare giornalismo? Gli interventi degli illustri giornalisti, Professori e docenti che si sono susseguiti anziché affrontare questa scottante tematica hanno prevalentemente voluto discorrere sulla bontà e sulla naturale necessità di seguire una scuola di specializzazione, una scuola di giornalismo per poter accedere proficuamente alla professione. Marcella Cardini, aprendo il dibattito sul tema della formazione e dell’accesso alla professione ha snocciolato al pubblico di aspiranti giornalisti una serie di dati, che corroboravano la tesi degli interlocutori sui sicuri sbocchi occupazionali offerti a quanti avessero seguito una scuola di giornalismo. La formazione degli aspiranti giornalisti deve sicuramente essere presa in seria considerazione in modo serio ed approfondito, ma siamo sicuri che sia proprio questa la strada maestra da voler percorrere? La formazione professionalizzante attraverso lo studio è effettivamente migliore della formazione che si ottiene lavorando all’interno di una redazione, con l’attività di praticantato? Fino ad oggi seguire una scuola di specializzazione non era automaticamente sinonimo di qualità e serietà nella formazione garantita agli studenti: infatti i commissari dell’ordine dei giornalisti, preposti al controllo di questi istituti professionalizzanti, hanno recentemente verificato la qualità delle scuole di formazione giornalistica presenti sul territorio italiano: molte di queste istituzioni hanno chiuso i battenti. Sono rimaste aperte solo le più prestigiose e le più serie, che erano caratterizzate da alta qualità nell’insegnamento. In queste scuole giornalisti e professori accademici hanno acquisito lo stesso peso nell’ambito delle scelte e della gestione delle scuole. Sono stati introdotti parametri oggettivi, da impiegare come metro del livello di qualità di queste scuole. Ma è meglio il giornalismo “scolarizzato” di quello “d’ufficio”? Le scuole insegnano davvero “come”si scrive una notizia, in relazione al pubblico cui si rivolge? Secondo Angelo Agostini tutto questo non viene insegnato in redazione, ma si tratta di conoscenze e competenze, di metodologie e di tecniche che si possono acquisire solo nelle scuole. Molti sospettano che il training realizzato in una scuola di specializzazione non sia poi così “spendibile” come gli interlocutori preconizzano. Il lavoro di redazione, se fatto con coscienza, non è certo inferiore all’attività svolta in una scuola professionalizzante. Cosa dire poii della possibilità di accedere a queste ultime? Le rette sono elevate, scarse le borse di studio, e vi sono inoltre i limiti di età: si tratta quindi di un mezzo di accesso alquanto ridotto, cui ricorre appena il 20% dei futuri giornalisti. Quello che sembra chiaro è che è necessario ripensare gli strumenti mediante i quali si può accedere alla professione giornalistica, che sappia districarsi tra forme di praticantato sempre più sinonimo di sfruttamento e forme di velato sfruttamento sui banchi delle scuole di giornalismo. Quello che conta è la passione e l’affrontare la professione con serietà ed onestà.