Report IJF 13 by Andrea Colangelo: un bilancio
Giovedì 25, alla seconda giornata del Festival sono andato a seguire un’analisi sulla reale capacità dei giornali italiani di utilizzare i social media, attraverso le diverse modalità d'utilizzo di Facebook e Twitter. Quali sono le testate che riescono a coinvolgere meglio i lettori, quali i contenuti che attraggono maggiormente gli utenti dei social media?Gli ospiti erano: Daniele Bellasio (il Sole 24 Ore), Peter Gomez (direttore ilfattoquotidiano.it), Raffaella Menichini (La Repubblica) e Marta Serafini (Corriere della Sera). Ascoltando più di un’ora discorsi molto tecnici, ma anche interessanti dal punto di vista pratico, si è capito come ancora pochi sono in grado di usare i social media. I flussi informativi sono cambiati. Su facebook si ha un grosso seguito grazie al nome creato sulla carta stampata. Quindi troviamo tra le testate più seguite il Corriere della Sera, La Repubblica e la Gazzetta dello Sport. Ma i like su fb sono informazione? Quello che va più vicino alla notizia, diciamo al contenuto, è invece twitter. Su twitter si riesce a commentare, seguire ed implementare contenuti ed eventi importanti in modo diverso. Su twitter testate meno mainstream, tipo il FattoQuotidiano.it, giocano molto bene riuscendo ad creare qualcosa di alternativo e diverso dal giornale classico. Si discute in sala sui problemi riguardanti questo cambiamento e di come le persone si informano, ma si sottolinea anche l’atteggiamento indifferente degli editori che non riescono, o fanno finta, di capire come ormai degli investimenti seri sui canali social devono essere fatti.
Il venerdì seguente non potevo mancare alla puntata del Fatto TV, in diretta dal teatro Morlacchi di Perugia, sul giornalismo d'inchiesta e il rapporto media-potere. Con Lirio Abbate (L’Espresso), Peter Gomez, Marco Travaglio e Fiorenza Sarzanini del Corriere della Sera, si è discusso molto e a lungo sulla libertà di stampa. Ci si imbatte sempre più, ormai da troppo tempo, in attori politici che dovrebbero difendere un diritto fondamentale come appunto la libertà d’informazione ma che invece fanno di tutto per eliminarlo creando, in Italia, un fame di notizie senza precedenti. Come si fanno a cambiare le cose se è lo stesso Presidente della Repubblica a volere, ad esempio, leggi contro le intercettazioni e le loro pubblicazioni?
L’ultima giornata del Festival, domenica 28, lo passata seguendo tre incontri con tematiche diverse, ma ugualmente significative per raccontare il paese Italia.
Alle 15:30 nella sala Raffaello dell’Hotel Brufani, in compagnia di Alessandro Gilioli (L’espresso), Filippo Facci (Libero), Stephan Faris (Il Times), Giovanna Cosenza (Università di Bologna) e Fabio Chiusi (blog il Nichilista) si è tenuto l’incontro intitolato: “Vittoria a 5 stelle: la disfatta di Media e Politica?”. La disfatta della politica è evidente, quella dei media meno. Le più grandi testate giornalistiche italiane hanno sottovalutato moltissimo il fenomeno Grillo, questo è un dato di fatto. Nel raccontare un Paese in maniera neutra e professionale l’Italia, a differenza degli altri stati occidentali, ha troppo giornali politicizzati con una classe giornalistica che non fa altro che propaganda, per non parlare delle televisioni. In una situazione del genere è ovvio che una disfatta politica porta automaticamente ad una dei media e dell’informazione. La forza del movimento 5 stelle è tutta nella comunicazione. Non aver capito o forse non aver potuto raccontare un fenomeno di così grandi proporzioni è oggettivamente un fallimento. Il grande successo elettorale del M5S è ormai storia? Sta calando il consenso verso un movimento che ha preso il 25% alle ultime elezioni? Questo non lo sanno nè gli ospiti dell’incontro nè noi in sala. L’unica cosa che però sappiamo è che sottovalutare un consenso popolare così ampio sarebbe un errore inammissibile per chiunque si consideri un giornalista.
Alle 18:30, sempre nella sala Raffaello dell’Hotel Brufani si è parato di un secolo e mezzo di trattative tra Stato e mafia. Dal Risorgimento ad oggi, passando per il fascismo, la Seconda guerra mondiale, la guerra fredda e la fine della Prima Repubblica, l'intreccio fra una delle più agguerrite organizzazioni criminali del mondo e i centri istituzionali, politici ed economici del potere. Un libro di Giovanni Fasanella è il pretesto per un dibattito che ha provato ad affrontare il tema uscendo dagli schemi tradizionali. Svincolandolo sia dalle ricostruzioni meramente "giudiziarie" che dalle letture "negazioniste" e inserendolo nel suo naturale contesto storico-politico e geopolitico. Tra gli ospiti anche l’ex direttore del SISDE Mario Mori. Il generale Mori ci racconta la sua personale lotta contro il terrorismo delle Brigate Rosse, prima, e contro Cosa Nostra, poi, fine ad arrivare all’arresto di Totò Riina. Un racconto denso ed a tratti commovente di un uomo che per aver servito l’Italia molto meglio di altri è tutt’oggi sotto processo per la trattativa stato-mafia del ’93. Come lui ci spiega, in una situazione come quella dell’agosto del ’93, dopo l’uccisione di Falcone a maggio e appunto di Borsellino in agosto, in cui a Palermo tutti erano andati via, Mori li chiama gli arresi, lui e alcuni suoi uomini vanno a parlare con Vito Ciancimino (sindaco di Palermo) per trovare Rina, che alla fine trovano ed arrestato. Tutto ciò fuori dalle regole, ma come atto estremo di uomini ormai spinti solo dalla voglia di giustizia verso amici e colleghi che erano stati brutalmente ammazzati. Bè, questo racconto per me vale di più di qualsiasi sentenza.
Alle 21:00, infine, sempre al Brufani c’è stato l’attesissimo incontro con Gianluigi Nuzzi sul Vaticano. Come tutti sanno Nuzzi ha scritto “Vaticano S.p.a” e “Sua Santità, le carte segrete di Benedetto XVI”, libri inchiesta shock che hanno fatto tremare l’intero mondo ecclesiastico italiano. Nuzzi ci illustra attraverso tre esempi, il caso Orlandi, lo Ior e i rapporti tra Stato e Vaticano, come la trasparenza, il messaggio cristiano e la povertà siano soltanto favole. Il Vaticano è una vera e propria monarchia assoluta e lo Stato italiano è ancora troppo succube di un pensiero ed una mentalità che, ripeto, non ha nulla a che vedere con il messaggio d’amore e fratellanza. Approfondendo alcune tematiche, fatti e notizie di pochi giorni fa, si comprende in maniera chiara come Papa Francesco sia soltanto un restyiling mediatico. Quando abbraccia i bambini, quando usa termini come buonasera e buongiorno, ma che poi dichiara anche: “Ior necessario fine ad un certo punto”. Nuzzi ci apre gli occhi facendoci capire che lo Ior, la banca del Vaticano, non potrà mai essere chiusa. Come si fa a chiudere? I conti correnti dove li trasferiscono? E se on li trasferiscono da qualche altra parte che fanno gli chiudono? In conclusione: Bergoglio a differenza di Ratzinger ha molta più capacità politica ma, ahimè, a differenza di San Francesco ha una Banca dal valore inestimabile.