Un dibattito sul futuro dell'Europa dopo il Trattato di Lisbona
In compagnia di alcuni corrispondenti di importanti testate giornalistiche a Bruxelles, si discute delle falle democratiche del sistema europeo, sempre più distante da un processo di integrazione maturo.
Tiziana Barghini, “Reuters”, Andrea Gianbartolomei, “cafebabel.com”, Jean Quatremer, “Liberation”, Bruno Waterfield, “The Daily Telegraph”, Marco Zatterin, “La Stampa”, hanno affrontato ieri la questione europea, un po' per ricordare la famosa frase di Zigmut Baumann: chi è pronto a morire per Solana? Ci si interroga dunque sul deficit democratico e d'integrazione tra i popoli europei, all'alba del Trattato di Lisbona, che nonostante abbia affrontato il vaglio del processo referendario in diversi Stati membri, sia ancora di fronte ad un semaforo rosso, e sia inteso, da molti comunitaristi, come la bara del processo federativo. Si pensi anche al ritiro dagli impegni presi dalla Comunità nei confronti della Georgia, all'indomani della guerra in Ossezia del Sud. I 6 punti di Sarkozy e Kourchner, salutati da tanti esperti del settore come un successo diplomatico europeo, hanno concluso le operazioni militari nel Transcaucaso, ma non sono stati seguiti da un effettivo progetto atto ad aiutare e a costruire una democrazia migliore in Georgia. Anzi. La Ashton ha invece ricordato come sia necessario che siano le istituzioni georgiane a dovere impegnarsi per costruire uno stato più solido. E molto è stato detto anche sul ruolo della Ashton e dei media in Europa. Ma ciò che è risultato più evidente dal dibattito è il mancato senso comune di appartenza ad un processo federativo: Jean Quatremer è stato risoluto nell'affermare che, nonostante l'euro, i progetti Erasmus, le politiche comunitarie, i giovani non si sentano europei. E anzi che l'Europa sia costruita per molti, ma sia ion realtà per pochi. Sarà forse perchè i governo degli Stati memnbri tendono a europeizzare gli insuccessi ed a nazionalizzare i successi?