25 Aprile: una riflessione sull'Italia e sulla Siria @paolafaraca
Secondo giorno del Festival Internazionale del Giornalismo, il 25 di Aprile per l'appunto, una data simbolo per l'intera nazione italiana, 68 anni trascorsi dalla liberazione dalla dittatura fascista, una dittatura durata 20 anni, anni atroci, anni bui e indimenticabili per chi li ha vissuti, mentre oggi sembra affievolirsi quella consapevolezza, e si finisce per avere centri commerciali che non commemorano i morti uccisi nella guerra di liberazione e fanno lo stesso in centro molti negozianti. Si finisce per spegnere il senso dell'evento e la sua importanza, alcuni forse finiscono quasi a tendere l'orecchio a chi vuole fare un revisionismo storico di quello che fu il fascismo in Italia e della violenta repressione che perpetrò sui cittadini italiani. Oggi 25 Aprile il governo italiano e i suoi politici restano a pancia piena col prossimo domani parlamentare che li attende per nuove sfide verbali, sembra che i politici attuali siano molto abili nell'edificare pile di querele verso tutto e tutti e poco capaci di guidare il paese, o forse poco interessati, mentre oggi su twitter gli stessi politici si rincorrono a chi invia il twit più sensibile sul giorno di liberazione, causando non poche polemiche tra i cittadini ormai esasperati. Sono giorni che mi rimbomba nella testa la frase di quell'uomo avvolto nella sua bandiera contro l'ex segretario del PD Franceschini, ma perché stupirsi'?perchè incazzarsi? perchè querelare? si è scelta la vita pubblica e si è concluso poco, il popolo è la voce della vostra coscienza cara classe politica, soprattutto ora che in Italia il divario tra i ricchi e i poveri è tornato ad essere netto. Ripenso a quanto siamo distanti dalla coscienza sociale e politica che forse un tempo caratterizzava gli italiani, ora ciò che ci unisce è solo l'incazzatura e la stanchezza, mi guardo intorno e penso alle immagini fotografiche sugli anni della resistenza che ho visto raccolte su un libro un po' di tempo fa, riesco a stento a credere che fosse la normalità trovare corpi di partigiani o semplici civili impiccati per le strade, questo era uno degli strumenti di deterrenza usati dai nazifascisti, se ti ribellavi facevi quella fine. Non è semplice parlare di queste cose, io le ho solo lette e ascoltate da chi me le ha raccontate, come il carcere di via Tasso a Roma, un luogo di terrore dove si trovava la morte certa. Oggi siamo a Perugia ho 30 anni passati ed è il 25 aprile, e al festival si parla di Siria in uno dei suoi eventi, il titolo era : “Siria, giornalisti nell'inferno di Assad”, ospiti Amedeo Ricucci, giornalista rai, appena scampato in Siria da un rapimento con la sua truppe, Andrea Iaconini, portavoce Unicef Italia, Mimosa Martini, tg5 ed infine Emilio Fabio Torsello, direttore dirittodicritica.com. Nella sala erano presenti molti siriani e molti di loro erano degli attivisti, con mia grande sorpresa l'evento aveva richiamato un numero enorme di persone, spropositato se si pensa al piccolo spazio che i media main stream rivolgono alla Siria, probabilmente l'avere un “sopravvissuto” tra i relatori e tutto il caso mediatico creato intorno a lui nei giorni precedenti il rilascio dei giornalisti ha stuzzicato nel pubblico la voglia di vedere più che di sapere, ma nelle migliori delle ipotesi voglio pensare che in verità in Italia esiste un popolo vigile e attento a quello che accade, soprattutto ai casi di politica internazionale di cui sui nostri giornali dedicano uno spazio così ben economizzato che a volte riesce difficile anche trovarlo. L'incontro era dedicato al fotogiornalista francese Olivier Voisin, ucciso in trincea da un bombardamento mentre era a seguito di un gruppo di guerriglieri ribelle. Ci sarebbero molte cose da analizzare, la prima il titolo dell'evento, è chiaro l'idea e il messaggio che vogliono far passare, Assad è l'unico esecutore delle violenze in Siria, e se non fosse così? E se invece dietro ai ribelli si celassero eserciti di mercenari? Se è vero che la Siria è una cerniera strategica, un ago della bilancia degli equilibri geopolitici internazionali, come credere allora che nessuno delle grandi potenze stia dando un aiutino, o stia facendo la guerra vestendo una divisa dai colori diversi? Come credere che per paura di creare un grande conflitto e una frattura nei già precari equilibri con il Medio Oriente gli americani e gli israeliani stiano lasciando che in questo caos bellico, che dura ormai da due anni, venga a crearsi un vuoto e che quel vuoto possa essere riempito proprio dal nemico americano numero uno ovvero Al Quaeda? Mille domande mi passano anche oggi nella mente, per certo è che chi ne paga lo scotto più profondo è la popolazione civile, vittima di barbarie e di atroci torture, costrette a vivere sotto il costante terrore della morte e della violenza, bambini seviziati e violentati, milioni di persone prive dei principali servizi basilari, come l'acqua, l'elettricità, o una casa, perché in molti sono gli sfollati, che scampati al bombardamento della propria abitazione oggi si trovano a vivere sotto gli alberi o a scavare buche in cui trovare riparo. Quella della Siria e del suo popolo è una situazione difficile, e come per il Kosovo ci si dimentica dell'aspetto umano e qui in Siria si temporeggia sui tavoli diplomatici. Oggi ho intervistato una blogger siriana, Asmae Dachan ( ndr. il suo blog Diario di Siria), a telecamera spenta mi ha chiesto quanto tempo aveva per parlare, e io le ho detto che sarebbe stata una chiacchierata e certo sarebbe stato meglio non essere troppo lunghi sulle risposte per via del vecchio discorso sulla soglia dell'attenzione, acceso il microfono Asmae non è riuscita ad essere concisa, le leggevo negli occhi il desiderio sincero di trasmettere la sofferenza del suo popolo, è così è partita come un fiume in piena, ci ha raccontato del suo popolo, della rivoluzione che stanno compiendo, i suoi occhi erano colmi di speranza e sofferenza; davanti a lei mi sono sentita nuda, cosa sappiamo noi occidentali della Siria? Certo possiamo farci mille opinioni, immaginare le più variegate dietrologie, ma la verità è che da leggere c'è ben poco e la maggior parte delle notizie subiscono più di un filtraggio per non parlare di quelle manipolate, allora cosa ci resta da fare? Ho pensato ai siriani di oggi come ai partigiani italiani di ieri, non so se nelle fila dei ribelli siriani ci siano davvero dei cospiratori intenzionati a far cadere la dittatura di Assad per i fini espansionistici di un'altra super potenza o di più potenze coalizzate ( non sarebbe una novità nella scacchiera degli equilibri geopolitici), ma mi sembra chiaro che una fetta di popolo desideri un cambiamento, anche noi 68 anni fa abbiamo avuto gli aiuti americani (e russi) e anche noi avevamo pensato che a guerra finita saremmo divenuti un popolo libero in una nazione democratica, non è stato così e forse non lo sarà nemmeno per la Siria. @paolafaraca