Andrea Scanzi a Perugia con "La Sciagura" - INTERVISTA

Andrea Scanzi a Perugia con "La Sciagura" - INTERVISTA

Andrea Scanzi, giornalista del Fatto Quotidiano arriva a Perugia col suo nuovo spettacolo La Sciagura in scena questo venerdì all’Auditorium San Francesco al Prato. Abbiamo raggiunto Scanzi al telefono questo martedì con cui abbiamo intrattenuto una bellissima chiacchierata, qui intervista, su numerosissime tematiche – dalla politica al giornalismo, fino alla divulgazione musicale.
 
(Giulio) cominciamo dal tuo ultimo libro e spettacolo teatrale - La Sciagura - che arriva qui in Umbria a Perugia il 24 maggio. Sei stato molto “criticato” da alcuni per la scelta di questo titolo… allora la domanda è spontanea: perché questo governo a tuo parere è una “sciagura”?
(Andrea) Ma intanto tutte queste “critiche” francamente non me le ricordo se non da grandi tifosi del Governo. Quindi, sai, se le critiche ti arrivano da Sechi o da Bocchino non sono critiche ma sono la conferma che sei nel giusto. Ci mancherebbe altro se uno ha il poster in camera della Meloni sia contento se un libro che ne parla si chiama “La Sciagura”. Perché il titolo “La Sciagura”? Perché io sono abituato a chiamare le cose per quello che sono. Ne ho un po' piene le scatole di avere giornalisti, scrittori, esperti, intellettuali che menano il “can per l’aria” e fanno i paraculi cercando “il pareggio”, inseguendo lo “zero a zero”. Se io ho davanti a un capolavoro dico “capolavoro”; se io ho davanti una schifezza dico “schifezza”. Nel caso specifico, secondo me, questo è un Governo orrendo. Quindi l’avrei potuto chiamare “l’orrore”, “la schifezza”, “l’obbrobrio” oppure “la sciagura” fermo restando che sto parlando di Politica. Quindi da un punto di vista politico questo governo è una sciagura, politica e democratica perché ha vinto le elezioni e credo di dimostrarlo ampiamente sia nel libro, sia nello spettacolo… forse per certi versi più ancora nello spettacolo perché li essendo dal vivo, probabilmente sono ancora più efficace.
 
(Saverio) abbiamo parlato del Governo Meloni, passiamo alle opposizioni: perché le sinistre di oggi non riescono ad avere quel “glow-up” o “appeal” che spesso le opposizioni hanno? In vista delle Europee di questo giugno, cosa pensi del movimento di Michele Santoro?
(Andrea) Ma… sai ragazzi l’opposizione… è in gran difficoltà… un po' perché il vento tira dalla parte della destra; quindi, ci son quei momenti storici in cui puoi essere un fenomeno e la palla non la becchi. Poi perché non sono grandi fenomeni e quindi sono dei partiti o in crisi o non al “top”. Il PD è sempre stato conflittuale, pieno di tante anime… Schlein sarebbe anche brava, ma non ha il partito dalla sua parte. I 5 Stelle hanno toccato anche loro l’apice nel 2018 e adesso reggono soprattutto sulla forza carismatica di Conte, ma è diventata un'altra cosa in termini partitici, fermo restando che le battaglie son quelle però se gli togli Conte, secondo me i 5 Stelle dal 16/20 % passano al 5. La sinistra radicale non sfonda e non va mai sopra il 3/4%, pensate a Fratoianni. È un contesto… che non sa fare squadra, non sa fare corpo unico… quindi sono molto litigiosi, conflittuali… anche perché oggettivamente PD e 5 Stelle, per esempio, sono molto diversi… le motivazioni sono tante della crisi delle opposizioni. Mi chiedevi di Santoro… ma guarda… io Santoro lo conosco da 20 anni, ci ho anche litigato a volte frontalmente quando non ero veramente nessuno, non che adesso sia chi sa chi, ma all’epoca io ero uno sconosciuto e lui era all’apice, era “dio” televisivamente. Questo però non mi impedisce di citare i tanti aspetti positivi che ha avuto sia in carriera sia per certe idee. Adesso io credo che lui sia uno dei pochi che parli di pace, uno dei pochi che parli della tragedia di Gaza – non l'unico, intendiamoci – per tutti questi motivi credo che lui meriterebbe di superare il 4%... non credo che la farà… e mi dispiace. Non so se lo voterò, non è un un'opzione che escludo. Il rischio di operazioni come quelle di Santoro è quella di essere velleitario e c’è anche quello di togliere i voti a chi ce l’avrebbe fatta a prendere il 4% o a prendere di più. Quindi lui magari prende il 3 e quel 3% lo toglie a Fratoianni, o a Conte, o a non so chi. Però, secondo me, se lui raggiungesse il 4% sarebbe una bella notizia perché al netto di alcune “spigolosità” di Michele Santoro, le sue battaglie in questa fase storica per me sono molto importanti. Sarebbe buono che riuscisse a entrare lui, o chi per lui, dentro il Parlamento Europeo.
 
(Saverio) anche considerando che Santoro… come Meloni, Schlein, Tajani, Calenda… ha già detto che non andrà in Parlamento a Strasburgo?
(Andrea) Questo mi piace poco… lo so… hai ragione a citarlo. Questa è un'altra cosa che mi piace poco, anzi no… non poco: mi fa orrore e mi fa abbastanza schifo che quasi tutti i leader politici italiani – tranne Conte, Fratoianni, Salvini – siano candidati ben sapendo che mai andranno in Parlamento. Mi riferisco soprattutto a Meloni, Schlein, Tajani, Calenda che tanto per cambiare aveva detto di non farlo… e poi lo fa. Però, ecco, è vero quello che avete detto voi… ma se anche non ci andasse fisicamente Santoro – e per me non ci andrà nessuno di quel partito, perché per me non raggiungono il 4%, non c'è nessun sondaggio che li dà al 4% – se c'entrassero due o tre… credo che le loro istanze sarebbero ampiamente rappresentate anche senza la fisicità di Santoro. Santoro – anche quando fu eletto con il centrosinistra vent'anni fa, quando gli avevano tolto il la trasmissione televisiva – non ci andò praticamente neanche in quell’occasione… o meglio, ci andò per un po' poi si dimise perché gli ridiedero il programma televisivo. Al di là di Santoro, secondo me, quel progetto politico ha una sua logicità.
 
(Saverio) tu non sei iscritto all’Albo dei Professionisti e nel 2020 sei rientrato nella Top 3 degli influencer di Instagram assieme a Bolle e Ferragni. Ti piace essere un “influencer”? È una definizione che senti tua?
(Andrea) Non la prendo come insulto, non me ne è mai fregato nulla dell'etichetta che mi viene data. Il mio grande maestro è stato Giorgio Gaber e ogni volta che gli dicevano “ma lei che definizione si darebbe” rispondeva “non me ne può fregare di meno, fatelo voi per me”. Io sono uno che fa tante cose e che non è sicuramente soltanto giornalista. Mi si può definire scrittore, mi si può definire autore teatrale, mi si può definire opinionista, volto TV, conduttore, influencer, imbecille… si possono usare tante parole… la definizione, secondo me, più adatta è o scrittore, o comunque… chiamami “interprete teatrale”, chiamami “intellettuale”, non lo so. Io faccio tante cose quindi credo di meritarlo una di queste parole. Influencer ci sta, tu hai citato il 2020. Nel 2020 ero un grande influencer, perché ero sui social una potenza clamorosa. Più su Facebook che su Instagram. Ero uno che faceva delle dirette sotto il covid che addirittura superavano i 100.000 spettatori in diretta. Sono stati mesi irripetibili, facevo tantissimi post al giorno, stavo molto dietro ai numeri, ai like, a tutte queste cose qui e alla fine mi sono reso conto che c'era una cosa che si chiamava “vita” e non potevo stare dalla mattina alla sera lì, perché avrei una compagna, avrei una vita privata, avrei il padel, insomma avrei i cavoli miei. Però, ecco dai, influencer no, non credo di esserlo più se tu se ti riferisci a un influencer “social”. Però se ti riferisci al fatto che quello che dico io, nel bene o nel male, genera dibattito e sposta anche voti, beh, allora sicuramente sono un influencer come lo è Travaglio che non usa i social. Influencer sì, perché influenzi. Sul discorso del giornalismo, visto che l'hai citato, non sono giornalista professionista, è vero, e non l'ho mai seguita anche questa cosa qua. Non ho mai pensato che servisse niente diventare giornalisti professionisti, perché più che altro serve a chi vuole lavorare in redazione, cioè, a chi vuole fare il cosiddetto “culo di pietra” o a chi vuole stare dentro una redazione e a chi vuole essere assunto. Che è una cosa bellissima, intendiamoci, soprattutto la mia generazione l'ha inseguita tanto, ma visto che io volevo essere una firma, scrivere da casa, fare i fatti miei, non avere orari e sapevo che non ci sarebbe stata differenza tra “pubblicista” e “professionista”, sono contento di essere rimasto “soltanto” un pubblicista.
 
(Giulio) aggiungo un tema a questa domanda: Cosa ne pensi dell’Ordine dei Giornalisti?
(Andrea) Per me non serve a niente. Ci sono tante bravissime persone dentro l’Ordine, io ci sto perché comunque hai qualche vaga tutela pensionistica e se esci ti complichi un po’ la vita, ma, secondo me, non serve a nulla. È qualcosa che è ha anche un retaggio brutto, che rimanda al ventennio fascista – non che sia fascista, intendiamoci, non è adesso fascista – però nacque in un certo momento storico. secondo me, serve a poco, ma ripeto, io sono anche uno che, se si deve proprio definire, la parola giornalista la mette al decimo posto. Io non ce l’ho il “mito del giornalismo”, non ho “miti giornalistici”, mi sento più un'altra cosa. A me interessa poco il mondo dell'Ordine dei Giornalisti, mi sono accorto di loro soltanto quando ogni anno pagavo, e pago, la quota o quando, addirittura, in tre casi mi hanno fatto il cosiddetto “processo deontologico”, perché secondo loro, in tre post avevo utilizzato delle parole non idonee. In due casi mi hanno assolto, in un caso mi son beccato l'ammenda e a me veniva, anche un po' da ridere. Perché mi sembrava di essere dentro un processo, tipo inquisizione. Dovresti vedere come vengono gestiti questi processi perché devi avere comunque un tuo avvocato, che devi anche pagare. Intendiamoci non è che poi va in galera. Però, ecco, quando tu, o meglio, quando secondo l'Ordine tu, non hai rispettato il codice deontologico perché hai usato delle parolacce o sei stato diffamatorio anche se non hai beccato querele allora ricevi questo avviso di procedimento disciplinare. Devi chiamare un avvocato, ti devi presentare o Online oppure fisicamente e lì ci sono 3, 4, 5, non ricordo quanti, giornalisti molto più grandi di te, che non hai mai visto, che non si capisce a quale titolo debbano insegnare a te visto che tu sei 600.000 volte più famoso, più bravo e più importante di loro e alla fine o sei innocente oppure vieni sanzionato. Io le beccai per tre post che feci nel periodo in cui ero “influencer” nel 20/21, dove facevo tipo 15 post al giorno su Facebook. Uno mi ricordo per Achille Lauro, perché ero stato troppo cattivo. Rendiamoci conto. Altri due non me li ricordo. Per uno di questi tre presi questa sanzione che, io ho accettato, intendiamoci. Faccio parte dell'Ordine, figurati, se le regole sono quelle le rispetti. Però ti ripeto, lo trovo tutto molto surreale e mi sembrava di essere dentro al medioevo, tipo processo alle streghe.Ovviamente esagerando, facendo un’iperbole.
 
(Giulio) chiudiamo uscendo dalla politica e dai dibattiti giornalistici, per affrontare una delle cose che più apprezzo del tuo lavoro: i tuoi testi e spettacoli teatrali di “divulgazione musicale” … mi verrebbe da definirli così. Come è nata l’idea di dedicarti al racconto dei grandi della musica italiana?
(Andrea) Intanto ti ringrazio perché mi hai fatto uno dei complimenti che preferisco ricevere, perché io credo di essere, non so se è più bravo o meno, ma sicuramente più appassionato quando parlo di musica rispetto a quando parlo di politica. Poi ci sono delle cose che politicamente vengono anche bene, lo spettacolo che farò a Perugia e che farò in tutta Italia – La Sciagura – ne vado fiero, perché diciamo sul palco credo di saperci stare e mi diverte fare satira politica. Ma ti rispondo: perché mi è venuta in mente ragazzi, perché io vengo dal giornalismo musicale. La vita è stata buffa con me, anche generosa, perché mi ha reso famoso come “osservatore politico”, come opinionista televisivo politico, ma io nasco come critico musicale. Io nel 97, quando ho cominciato a fare il giornalista, scrivevo recensioni musicali, sono stato preso in una rivista musicale, ho scritto per anni solo di musica. Poi è arrivato lo sport e poi è arrivata la politica. Mi sono laureato sui cantautori nel 2000, quando laurearsi sui cantautori a Lettere era una follia. Tu glielo dicevi “Eh sì però De Andrè, ho capito è bravo, ma sono solo canzoni… eh si Gaber ma chi è…”, figuriamoci Battiato. C'era l'idea che il cantautore fosse una poesia di “serie B”. Quindi mi è sempre piaciuta. Li ho conosciuti, cioè, io sono uno che nella vita di tutti i giorni è stato, per gli ultimi anni della vita, a cena tante volte con Gaber, conosco benissimo Guccini, ho scritto un libro con Fossati, ho fatto uno spettacolo con Bennato. Cioè io li conosco tutti, ho fatto tante serate con Vecchioni. È il mio mondo. Se tu vedessi la mia agenda telefonica diciamo che il 95% dei cantautori italiani, dai 40 anni in su, li conosco e li posso chiamare anche adesso. È un po' casa mia. Faccio spettacoli e faccio festival dedicati a Gaber. È la cosa che forse mi piace di più. Quindi quando sono diventato “abbastanza noto” ho avuto la possibilità di fare spettacoli teatrali su quegli artisti che amo e quindi ho raccontato Gaber, lo faccio ancora, raccontato De André, ho raccontato Battiato, Ivan Graziani e i Pink Floyd e in alcuni casi, come hai detto tu, alcuni di questi artisti sono diventati anche libri perché Paper First – che è la casa editrice del Fatto Quotidiano – mi ha detto “Ok, noi vendiamo tanto quando facciamo libri politici, ti va di curare una collana musicale di libri?” e io ho detto “ma magari! È casa mia!” e quindi ho fatto subito Battiato, poi Gaber e poi Battisti e credo che magari, quando avrò tempo, ne farò altri due o tre.
 
Bene, grazie Andrea speriamo di conoscerci di persona venerdì. Ti ringraziamo davvero per averci dedicato questo tempo e questa intervista. In bocca al lupo per venerdì!
 
(Andrea) Grazie a voi… e viva, viva il Lupo!
 
-Giulio Fortunato e Saverio Scargiali
 

Profile picture for user Radiophonica

Programma radio, Redazione