Antonio Provasio: “I LEGNANESI, una storia lunga settant’anni”
a cura di Alessandro Ticozzi
Il capocomico della celebre compagnia dialettale lombarda ne focalizza gli aspetti più specificatamente caratterizzanti, in attesa di vederla in prima serata su Retequattro a Santo Stefano con il suo primo film: Non è Natale senza panettone.
Fedeli alla vostra origine oratoriale, come mai i Legnanesi rimasero sempre rigorosamente dilettanti e si valsero esclusivamente di attori uomini anche per le parti femminili?
La Compagnia de I LEGNANESI nacque nel 1949: all’epoca per le rappresentazioni “teatrali” in oratorio vigeva il veto del Cardinal Schuster che imponeva a uomini e donne di non recitare insieme. Pertanto al fondatore della compagnia Felice Musazzi venne l’idea – che si rivelò vincente – di travestire i suoi attori e farli recitare in parti da donna. Lo spirito era quello di far recitare non attori professionisti bensì giovani presi dalla strada come operai, studenti, impiegati, dirigenti, disoccupati ecc. ecc.
Come sono impostati i copioni dei Legnanesi?
I copioni con gli anni sono nettamente cambiati perché hanno seguito l’evolversi dei tempi. Chiunque guardi uno spettacolo de I LEGNANESI di allora e uno di oggi nota un evidente cambio di stile, di recitazione, di modo, di velocità, di battute, di tempi scenici perché inevitabilmente le epoche cambiano: così pure il modo di fare teatro, quindi anche la stesura di un copione. L’unica cosa rimasta invariata è il fatto che oggi come allora si parla sempre di attualità.
Come mai a Suo avviso tali copioni, originariamente tutti scritti e diretti dal co-fondatore Felice Musazzi, dopo avere ottenuto vistosi successi in tutta la Lombardia arrivarono a suscitare l'entusiasmo di critici esigenti come Alberto Arbasino, che vide esporsi in questi spettacoli “i conflitti (drammatici e talvolta ridicoli) tra la vecchia anima popolare e le alienazioni più moderne”?
L’entusiasmo del popolo e di critici noti come Arbasino fu dettato dal fatto che la Compagnia de I LEGNANESI ha sempre portato sul palco storie del popolo, per il popolo, rappresentate dal popolo.
Come vive la responsabilità di avere da tanti anni ereditato il ruolo di capocomico della compagnia?
Vivo la responsabilità di capocomico – nonché regista e da qualche tempo autore dei testi insieme a mia moglie – con grande rispetto, umiltà e passione. Il mio lavoro mi dà grandi soddisfazioni ed incontrare per strada persone che mi fermano e mi ringraziano perché porto un po’ di sorrisi e serenità in casa loro è la più grande soddisfazione.