Franca Valeri: “La mia intensa vita artistica lunga un secolo”

Franca Valeri: “La mia intensa vita artistica lunga un secolo”

a cura di Alessandro Ticozzi
 
 
A pochi mesi dal centesimo compleanno, la grande attrice milanese riassume sinteticamente i tratti essenziali della propria fortunatissima carriera.
 
 
Spiritosa e caustica osservatrice di costume grazie alla popolarissima Signorina Snob radiofonica, all'inizio degli anni Cinquanta Lei ha animato con Alberto Bonucci e Vittorio Caprioli il Teatro dei Gobbi: cosa ricorda di quel periodo?
 
Tutto. Soprattutto il successo e la sorpresa che questo gruppetto di originali giovani ha suscitato in Italia e in Francia.
 
 
Dopo essersi accostata al teatro di prosa nel 1948 con Caterina da Siena di Giovanni Testori, Lei vi è rientrata quale protagonista in un dramma dello stesso autore, La Maria Brasca (1960), interpretando successivamente Luv di Murray Schisgal e Il balcone di Jean Genet: cosa La lega di più affettivamente a questi tre drammaturghi?
 
Testori era allora un giovane geniale, originale, col quale si è subito creato un rapporto di amicizia, tanto che, dopo Caterina da Siena, ha subito pensato di scrivere qualcosa per me come interprete: La Maria Brasca, appunto.
Luv invece mi è stata proposta da Walter Chiari. Eravamo in tre: io, Walter e Gianrico Tedeschi… credo che Walter fosse anche il produttore. Non posso dire di aver avuto un legame affettivo con l’autore, ma la commedia era molto particolare e divertente. Non ho mai accettato proposte che non mi interessavano. Genet è un autore che mi ha sempre attirato. Purtroppo le prime commedie hanno avuto qualche problema di messa in scena. Anche quella de Il balcone avrebbe meritato qualcosa di più. 
 
 
Dopo aver debuttato al cinema nel 1951 con Luci del varietà, Lei vi ha offerto – come poi in televisione – una lunga e gustosa galleria di caricature e di caratterizzazioni, dilatate a personaggi centrali in tre film dell’allora Suo marito Vittorio Caprioli, da Lei anche sceneggiati: Leoni al sole (1961), Parigi o cara (1962) e Scusi, facciamo l'amore? (1968). Qual è stato il Suo approccio nell’adattare i Suoi “tipi” per il grande e per il piccolo schermo?
 
I miei sono personaggi veri, vivi, e possono essere recitati in casa, in televisione, in cinema.
 
 
Nel 1999 Lei ha interpretato sotto la regia di Adriana Asti Alcool, una gustosa commedia sulla decadenza dell'alta borghesia: come ha vissuto questo confronto con un'altra protagonista della scena italiana, per di più Sua concittadina?
 
Adriana la conosco da quando aveva 17 anni… e io di più. È una mia grande amica e abbiamo sempre avuto un filo che ci legava: nella recitazione, nell’ironia dei personaggi…
 
 
Nel 2003 Lei ha continuato a calcare il palcoscenico – recitando in La vedova Socrate, un testo liberamente ispirato a La morte di Socrate di Friedrich Dürrenmatt – ma è anche tornata inaspettatamente al cinema dopo vent’anni di assenza, interpretando il film Tosca e altre due: cosa l’ha spinta a questa scelta che può apparire così azzardata?
 
È stata semplicemente un’idea di Giorgio Ferrara, il marito della Asti. Tosca e altre due è una mia commedia che io e Adriana abbiamo fatto in teatro. Giorgio ha pensato che si prestasse a diventare un film. Molte volte la sorte degli spettacoli è inimmaginabile.
 
 
Nel 2005 Lei ha pubblicato il volume Animali e altri attori: è forse il Suo notissimo amore per i nostri amici quadrupedi ad averLa invogliata a scriverlo?
 
Sì, certo. Gli animali hanno una vita che somiglia a quella degli attori. Specie quando ti appartengono, riconosci negli animali delle facoltà di esibizione. Nel libro ci sono anche le storie dei miei adorati cani e dei piccoli racconti di quelli di amici attori e registi.
 
 
Nel 2006 ha recitato in Les Bonnes: cosa l’ha spinta a confrontarsi nuovamente con un testo di Jean Genet?
 
Genet è un autore che, oso dire, mi assomiglia. C’è un fil rouge che ci accomuna, fra il grottesco e l’ironico. I suoi personaggi oscillano fra il reale e l’irreale e ben si adattano al mio modo di recitare. 
 
 
Lei si è inoltre dedicata alla regia teatrale – soprattutto di opere liriche, di cui è stata sempre appassionata cultrice: com’è nata questa Sua passione?
 
Fin da bambina. A sei anni ho visto la prima opera alla Scala e poi ho sempre amato l’opera perché è uno spettacolo perfetto, se fatto bene. Ho dato vita al “Premio Maria Battistini”, un concorso per giovani cantanti che mi sono sfogata a mettere in scena. Loro mi sono stati molto grati perché hanno imparato veramente a recitare cantando. Io sono convinta che i libretti delle opere più famose sono bellissimi, anche se qualcuno ci fa il verso… quindi mi piaceva molto metterli in scena.
 
 
Se dovesse fare un bilancio tra della Sua vita personale e professionale?
 
La mia vita personale è stata, come tutte le vite ben riuscite, un’alternanza di gioie e dolori. La mia vita professionale è stata bellissima e oggi sono molto scocciata di stare a casa…
 
 
Prossimi progetti?
 
Recentemente ho scritto la commedia a quattro personaggi Le mamme alte e un libro dal titolo Il secolo della noia. Non mi sembra di avere altri progetti. Ma io sono imprevedibile, anche per me stessa.

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