Giuliano Montaldo, un regista contro l'intolleranza

Giuliano Montaldo, un regista contro l'intolleranza

Nato a Genova il 22 febbraio 1930, Giuliano Montaldo ha esordito come attore diretto da Carlo Lizzani in Achtung! Banditi! (1952), sul tema della Resistenza, e Cronache di poveri amanti (1954), dall’omonimo romanzo di Vasco Pratolini. Successivamente Montaldo passa dietro alla macchina da presa con Tiro al piccione (1961), storia di un giovane fascista che s'arruola nella X Mas della Repubblica di Salò e della sua tormentata presa di coscienza, e Una bella grinta (1965), feroce ritratto di un industriale senza scrupoli sullo sfondo del boom economico, ma ottiene il successo commerciale con due film d’azione girati in USA, Ad ogni costo (1967) e Gli intoccabili (1969). Forte di questo riscontro, a questo punto Montaldo realizza le sue opere più note, vale a dire la trilogia sul potere composta da Gott Mit Uns (1970), Sacco e Vanzetti (1971) e Giordano Bruno (1973), rispettivamente sul potere militare, giudiziario e religioso. Il primo film narra la storia - realmente accaduta - di due soldati tedeschi che avevano disertato e che, a guerra finita, vengono condannati a morte e giustiziati dai loro superiori con il consenso degli alleati. Ma fu soprattutto con le altre due che Montaldo si afferma definitivamente tra gli autori del cinema d’impegno civile italiano, con un occhio allo spettacolo: avvalendosi infatti di un grande Gian Maria Volonté, il regista genovese si scaglia infatti con vigore contro l’intolleranza nei confronti di due anarchici italiani, ingiustamente accusati di rapina e omicidio e di conseguenza condannati alla sedia elettrica negli USA, e del frate domenicano che, per la sua ribellione contro la corruzione della Chiesa, viene torturato e condannato al rogo. Dopo essere tornato al tema della Resistenza con L’Agnese va a morire (1976), dall’omonimo romanzo di Renata Viganò, ecco che Montaldo passa alla televisione con il giallo metacinematografico Circuito chiuso (1978) e con il kolossal di grande successo Marco Polo (1982), per poi portare sul grande schermo opere di Bassani (Gli occhiali d’oro, 1987), Flaiano (Tempo di uccidere, 1989), Dostoevskij (I demoni di San Pietroburgo, 2008), oltre all’apocalittico Il giorno prima (1987) e ai documentari Le stagioni dell’aquila (1997) e L’oro di Cuba (2009), rispettivamente sull’Istituto Luce e cinquant'anni di storia di Cuba. Infine, nel 2011 eccolo presentarsi fuori concorso alla Festa del Cinema di Roma con L’industriale, crudo spaccato dell’attuale crisi economica attraverso la storia di un industriale che rischia di veder fallire la sua fabbrica e la sua vita privata: uscito in sala il mese scorso, la pellicola riassume in sé un po’ tutte le caratteristiche del cinema di Montaldo – l’attenzione all’attualità (in questo senso vorrei ricordare un suo bello quanto sottovalutato film, Il giocattolo del 1979, con un intenso e terribilmente tragico Nino Manfredi nei panni di un modesto ragioniere che si tramuta in spietato giustiziere quando si vede uccidere l’amico poliziotto da una banda di malviventi), l’impegno civile, uno sguardo al cinema di genere e a quello spettacolare… In poche parole, un Maestro del cinema italiano! Ecco l'audio intervista http://www.radiophonica.com/audio/38407

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