Google via dalla Cina, ma resta a Hong Kong.
Stando a quanto dichiarato dal rappresentante del Ministero cinese degli Affari Esteri, Qin Gang, il Governo di Pechino considera la decisione di Google una “questione esclusivamente commerciale”, la Cina continuerà quindi a gestire e regolare gli accessi alla rete e a sottoporre l’uso di internet al rispetto della legge in materia. La decisione del colosso Google di ritirarsi dalla Cina, per non dover piegarsi ai dettami della censura del Governo, ha però subito un contemperamento: è stato infatti deciso di indirizzare il traffico della rete verso Hong Kong, decisione che non dovrebbe avere ripercussioni sulle relazioni bilaterali tra Cina e gli Stati Uniti. La società di Mountain View ha quindi preso una posizione molto chiara: decidendo di non sottostare alla censura imposta dal regime e, anzi, di aggirarla: reindirizzando il traffico al sito di Hong Kong, non sottoposto ai filtri cinesi. Resteranno in Cina alcuni servizi commerciali, come la vendita di inserzioni pubblicitarie sui motori di ricerca, mantenendo aperta comunque una porta su un mercato, quello cinese, in piena espansione. Si tratta di una strategia potenzialmente non priva di rischi, che potrebbe anche provocare ritorsioni da parte delle autorità cinesi. Le ripercussione di questa uscita forzata di Google dal mercato delle rete cinese ha parallelamente consentito l’ascesa della sua diretta concorrente: la Cnbc Baidu, motore di ricerca in lingua cinese, che potrebbe aggiudicarsi il 95% del settore. Mentre si prevede che Google si espanderà in altri mercati come la Corea del Sud e il Giappone. Nonostante la decisione del motore di ricerca di sottrarsi alle censure, rimangono però ancora bloccate le ricerche scomode, su temi come il Tibet o Amnesty International.