I 60 anni de L'Espresso

I 60 anni de L'Espresso

 
Compie 60 anni uno dei settimanali d’inchiesta più famoso d’Italia. Un giornale che ha cambiato il modo di fare giornalismo e che, con le sue storiche copertine e i grandi reportage, ha spiegato, vissuto, fotografato un paese in tutte le sue trasformazioni e i suoi cambiamenti. Dallo storico “Capitale corrotta, nazione infetta”, fino alle stragi di mafia e alle tragedie dell’immigrazione, L’Espresso ha raccontato l’Italia in un modo diverso dagli altri settimanali.
Le inchieste sulla carta – Per Lirio Abbate, l’Espresso è una grande famiglia. Ogni settimana si cerca di approfondire e dare qualcosa al lettore che non trova altrove, ne’ sugli altri quotidiani, ne’ su Internet o sui social network. “Riuscirlo a fare sulla carta – afferma Abbate – con il linguaggio targato Espresso, e con le firme che ci hanno sempre accompagnato è uno dei punti di forza del giornale”. L’Italia ha bisogno di questo tipo di informazione, necessita di un giornalismo libero e che non ha paura di dire le cose e fare nomi, “per questo non possiamo sentire che non possiamo pubblicare intercettazioni che riguardano politici anche se non indagati”.
La politica – “Pezzi di 20, 30 anni fa che rileggi oggi e trovi ancora attuali”, questo è il giornalismo politico de L’Espresso secondo Marco da Milano, altra firma di punta del settimanale che, racconta, “ho iniziato a leggere il giornale quando ero ancora troppo giovane”. “Non basta dare la notizia, bisogna saperla raccontare, contestualizzarla, la chiave del racconto è fondamentale. Ma c’è anche l’ironia che in un paese rovinato come il nostro è un qualcosa in più che un settimanale si può permettere e, anzi, deve dare ai suoi pezzi”.
La chiusura del mercoledì - “Se succede qualcosa dopo le 13 di mercoledì per noi si apre una voragine, un enorme buco nero che fagocita tutto il giornale che è da buttare” e tra racconti che vedono le dimissioni di Scajola come epilogo o le ragazze ospitate nelle case di Berlusconi, fino all’avvento del web sono tanti gli aneddoti che la redazione puo’ vantare di aver raccolto nel corso di questi 60 anni. “Da quando c’è la versione online non dobbiamo più pregare che una foto esclusiva al mercoledì rimanga tale fino al venerdì, giorno di uscita del settimanale. Ora si può mettere subito in rete, possiamo dormire più tranquilli”, afferma Beatrice Dondi.
Le perdite – Bisogna dare quello che gli altri non danno per continuare a fare si’ che il lettore sia invogliato a continuare a comprare un giornale di carta. – dice Pratellesi, direttore della sezione web del settimanale – Ma abbiamo voluto integrare l’online col cartaceo inserendo nel sito, oltre alla sezione gratuita per tutti, una sorta di ‘payperwall’ sul modello americano. “Per i nostri abbonati ogni mese e-book, film in streaming, approfondimenti e inchieste per quello che è stato soprannominato Espresso plus, la soluzione per arginare le perdite dovute al calo delle vendite e un modo in cui poter sostenere la versione online del settimanale. Non grandi numeri, ma cifre che fanno ben sperare a un anno dalla sperimentazione di Espresso plus, con un trend di crescita costante. Il giornalismo di qualità, nonostante la miriade di informazioni gratuite che circolano online, paga e i cittadini lo sanno”.
Qualità e verifiche – Dietro le quinte del giornalismo di qualità ci sono le banche dati. “Noi ce le possiamo permettere, possiamo trattare argomenti e questioni complesse dando ai cittadini notizie verificate. Queste banche dati sono uno strumento indispensabile per il giornalismo d’inchiesta”, afferma Abbate.
Le battaglie civili– Una grande famiglia, caratterizzata dalla cultura del confronto e della contaminazione. Tutto questo era ed è, ancora oggi, l’ Espresso, settimanale nato con l’idea di fare grandi inchieste e battaglie civili e sociali, come quelle che hanno caratterizzato il giornale negli anni '70, tra cui divorzio e aborto. “Queste battaglie civili, unite al desiderio di fare un giornalismo capace di cambiare un minimo il mondo, in meglio, è quello che avevano in mente nel ’55 Scalfari e gli altri intellettuali quando hanno fondato l’Espresso. – conferma Gilioli – Ed è per questo che fare l’Espresso ci piace e ci continua a piacere. Con la speranza di essere ancora qui tra altri 60 anni”.
 
 
 
Team RadUni
 
 

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