I protagonisti della commedia all'italiana secondo Gianni Bisiach e Luisa Corna.
di Alessandro Ticozzi
Il grande giornalista friulano e la nota showgirl lombarda ricordano gli incontri pubblici da loro moderati con i massimi esponenti del nostro genere cinematografico più popolare: rispettivamente con i “colonnelli” Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi e Monica Vitti (all’Auditorium di Taormina nel 1990) e con le punte di diamante registiche Mario Monicelli e Dino Risi (premiati nel 2005 con un David Speciale).
Gianni Bisiach
Io andavo tutti gli anni a Taormina facendo il collegamento con la radio: insieme con Gian Luigi Rondi, abbiamo così deciso di chiamare questi cinque miei amici. Ero appunto molto amico di Vittorio Gassman, Alberto Sordi e Nino Manfredi: ma soprattutto di Monica Vitti – che mi amava moltissimo – e poi anche di Ugo Tognazzi.
Io volevo allestire questo spettacolo nella Villa Comunale, uno spazio storicamente bellissimo con seicento posti: intendevo farli uscire attraverso delle finestre, inscenando così una cosa molto spettacolare. La Questura di Messina ha saputo che sarebbero venute seimila persone, e quindi c’era un problema di ordine pubblico. Allora l’abbiamo fatto nell’auditorium al centro di Taormina che aveva duemila posti, lasciando duecento persone in piedi e quattromila nella piazza: fu una cosa eccezionale, pur se su questo palcoscenico la situazione era appiattita con tutti in fila davanti alle loro poltroncine.
Quando ho chiesto a questi cinque grandi personaggi della commedia all’italiana come volevano fare l’entrata in scena e poi l’uscita dalla stessa, Monica Vitti propose di fare il trenino cantando la canzone L’amore è un treno. Con loro ho pertanto svolto una grande intervista a ruota libera sul cinema della commedia all’italiana: naturalmente ognuno ha raccontato scherzosamente dei fatti sia pubblici che privati, perché tale filone è stato un modo per vivere e sopravvivere. Infatti quando giravano i drammi neorealisti guadagnavano quattro soldi e non potevano campare, mentre invece grazie alla commedia il pubblico correva nei cinema: questo ha permesso loro di mantenersi dagli anni Quaranta fino alla conclusione del secolo scorso.
Io li amavo molto: amo ancora la Vitti (l’unica sopravvissuta del quintetto, purtroppo non in buone condizioni), che – quando doveva fare delle cose improvvisate alla radio e anche in televisione – mi chiamava sempre perché la mia presenza le dava sicurezza. Una donna molto vivace e simpatica, che fu anche “musa” di Antonioni: in Amore mio aiutami è riuscita a tenere efficacemente testa a Sordi – essendo molto adatta a questo tipo di commedie, a differenza di molte attrici italiane. Gassman fu uno dei più grandi attori italiani anche di teatro, sfortunatamente colpito da depressione alla fine dell’esistenza: la sera lo chiamavo alla radio per fare delle lunghe interviste, con la moglie sempre accanto perché si temeva che si potesse addirittura togliere la vita. Era capace di tutto, grazie ad una memoria eccezionale: conosceva tutto Shakespeare a memoria, ed era in grado di recitare l’Amleto o l’Otello partendo dalla fine verso l’inizio dell’opera – anche stando con le gambe per aria e con la testa in basso. Era stato campione nazionale di pallacanestro: pertanto un uomo portentoso anche fisicamente. Con Sordi dovevo fare la Storia di un Italiano televisiva, che poi lui ha realizzato da solo con i suoi film: in un primo tempo dovevamo invece alternare un suo pezzo di film e uno mio d’archivio sui fatti reali dei vari momenti storici. Io non mi sono affatto offeso: le sue pellicole erano talmente complete nel raccontare l’atmosfera di quegli anni che non c’era bisogno di inserire brani documentaristici. Quando Sordi ha interpretato Il medico della mutua, da clinico gli ho dato alcuni consigli: lui ha girato quel film nell’attuale Clinica Pio XI, cesellando un personaggio straordinario costruito mediante uno script perfetto. La stessa cosa vale per Detenuto in attesa di giudizio: non s’inventava le cose, bensì le sviluppava dalla realtà circostante. Tra tutti e cinque, Sordi era il più preciso: quando realizzava la sceneggiatura ci metteva molto tempo nell’approfondire i personaggi, mentre – se preparavamo un intervista che durava tre minuti – lui ci metteva tre ore a studiare domande e risposte. Non faceva cose tirate via alla buona: era un perfezionista, e quindi i suoi film riflettono le epoche che raccontano in un modo secondo me magistrale. Era un uomo straordinario, e forse era quello che più ha dedicato la sua vita al cinema: tant’è vero che non si è mai sposato, mentre Gassman era bisnonno – avendo avuto tante mogli e figli – e anche Manfredi aveva numerosa prole. Ero amico anche del fratello Dante, giacché lui era chirurgo ed io il suo medico anestesista: passavamo insieme Natale e a Capodanno giocando a tombola pure con la moglie Erminia. Manfredi era in qualche modo un romantico: vedeva le cose da povero, dal momento che lui e Dante erano figli di un maresciallo della guardia di finanza. Tutti e due dovevano fare gli avvocati: poi Nino è diventato attore, anche se pure Dante si difendeva molto bene in tal senso. Quando raccontava le barzellette in sala operatoria, faceva morire tutti dal ridere. Tognazzi era il tipico cremonese della valle padana cui piacevano il cibo e le donne, e una volta mi raccontò un episodio divertente: io ero anche amico di Carlo Dapporto, un grande comico italiano che raccontava delle barzellette che facevano ridere il pubblico. Tognazzi – che era più giovane di Dapporto – andò nei teatri ascoltandone le barzellette: così prima che passasse le raccontava lui, per cui – quando venne Dapporto a raccontarle – il pubblico le aveva già sentite da Tognazzi. Quest’ultimo giocava a tennis con Gassman e anche con me: quando però abbiamo organizzato quest’incontro, Gassman non era depresso, al contrario di Tognazzi. C’era una signora tedesca addetta all’ufficio stampa con cui noi due siamo stati a cena: io lo conoscevo come una persona sempre vivace, ma quella sera aveva il morale praticamente sotto il tavolo. Era lui il più depresso: non a caso è venuto a mancare giusto tre mesi dopo.
Io mi commuovo ricordando questi amici coi quali abbiamo vissuto degli anni bellissimi: personaggi che hanno dato al pubblico italiano la gioia e l’allegria, perché la commedia è quella che a tutti noi solleva il morale in un momento di tristezza. Pertanto vogliamo particolarmente bene a persone che hanno dedicato a noi la loro vita: tuttavia la commedia all’italiana non è mai finita ma continua anche adesso, sia pure con registi ed attori meno importanti.
Luisa Corna
Condurre il David di Donatello 2005 con Mike Bongiorno è stata un'esperienza decisamente gratificante.
La grandezza di alcuni personaggi si vede anche nella semplicità con cui si pongono nei confronti del prossimo.
Questo vale sia per il grande Mike – con il quale ho lavorato in totale armonia – che per i due straordinari cineasti Mario Monicelli e Dino Risi, oltre che anche per altri nomi altisonanti che ho avuto modo di incontrare durante la sera delle premiazioni.
Con Mike Bongiorno avevo già avuto modo collaborare e quindi ero molto felice di poterlo ritrovare anche in quella occasione.
In particolare ho impresso il ricordo di Mario Monicelli per umiltà e riservatezza, Dino Risi per l'ironia e la verve, Virna Lisi per la luce che emanava e la sua raffinatezza, Hilary Swank per la professionalità e gentilezza, Stefano Accorsi per la simpatia e spontaneità e Stefania Sandrelli per la sua dolcezza e serenità: inoltre mi ha colpito l'organizzazione dell'entourage di Tom Cruise e la sua affabilità.
Quando si sta su un palco, purtroppo si hanno dei tempi serrati ed è difficile approfondire la conoscenza con chi sta in scena.
Difficile decidere tra i film dei due maestri della commedia all’italiana. Dovendone sceglierne tre, di Mario Monicelli I soliti ignoti, La ragazza con la pistola e Un borghese piccolo piccolo; mentre di Dino Risi Pane, amore e…, Poveri ma belli e Profumo di donna.