Il Trio Debussy alla Sala dei Notari
Serata molto piacevole quella di venerdì 17 febbraio alla Sala dei Notari di Perugia, in compagnia del Trio Debussy che ha eseguito il “Trio n.2 in fa maggiore op. 80” di Robert Schumann e il “Trio in mi bemolle op. 100 (D. 929)” di Franz Schubert.
In questa sede mi limito a riportare le riflessioni e le emozioni che la musica ha suscitato in me durante il concerto. Mi perdonerà il lettore esperto se non farò cenno ad aspetti tecnici dell’esecuzione; non possedendo tali competenze preferisco dare la mia opinione da semplice fruitore di musica classica.
Si è calati subito in un’atmosfera meravigliosa, non appena si varca la soglia di ingresso alla Sala dei Notari. Sulla scena un Pianoforte a coda, un violoncello e un violino. Pochi elementi che si mescolano con la magniloquenza delle arcate e degli affreschi della sala, calando lo spettatore immediatamente in una dimensione atemporale, nella quale si rimane metaforicamente soli in rapporto intimo soltanto con la musica.
Cominciando dalla prima parte del concerto, il Trio n. 2 in fa maggiore op. 80 di Schuman: sono rimasto colpito da come il Trio Debussy, abbia eseguito una composizione tecnicamente complessa e articolata, in una resa armonica ed emotiva molto dolce e delicata. Simone Nocchi, esperto di musica classica, ospite a “Musica di Stagione”, podcast di Radiophoninca realizzato in collaborazione con la Fonoteca Trotta e la Fondazione Perugia Musica Classica, evidenzia come in generale i “Trii” di Schumann siano caratterizzati da un importante sviluppo del contrappunto. Anche nel caso del Trio eseguito ci troviamo di fronte a una composizione meno “romantica” e più tecnica. Il Trio Debussy riesce a fondere tecnica ed emozione in una esecuzione dolce e distesa.
Il “Trio in mi bemolle op. 100 (D. 929)” di Franz Schubert è una delle ultime composizioni dell’autore. Il brano possiede un tono cupo e malinconico, spesso anche tormentato. Inevitabile per me pensare, all’inizio del secondo movimento, alle scene del film “Barry Lyndon” di Stanley Kubrik, non solo perché tale composizione è parte della colonna sonora del film, ma anche perché è il film stesso a possedere quest’atmosfera decadente che ben si sposa col tono del brano. Avere avuto la possibilità di ascoltare questo concerto eseguito dal vivo è stata un’emozione incantevole. All’inizio del secondo movimento ho percepito vividamente un brivido lungo la schiena; soprattutto perché l’esecuzione del brano è stata davvero eccellente. Infatti, grazie alla teatralità e all’eleganza dei musicisti nel suonare (e per teatralità non intendo solamente i gesti ma anche le loro espressioni) ho potuto percepire il peso e la pienezza del suono e la sua connotazione malinconica, favorendo in me la totale comprensione della musica. Quasi in una relazione intima e personale con quest’ultima.
All’inizio di questo testo ho accennato a una questione che mi sta particolarmente a cuore, ovvero la dimensione atemporale nella quale ogni spettatore entra nel momento in cui fruisce di un’opera d’arte. Ecco venerdì sera sono entrato in quella dimensione. Ne ho avuto la prova quando il concerto si è concluso, perché le due ore di durata effettiva in realtà sono state percepite da me come pochi e veloci minuti. Tanto è vero che sono stato ben felice di ascoltare il Bis che il Trio Debussy ci ha regalato: una splendida esecuzione di “Libertango” di Astor Piazzolla.
Eleganza, Tecnica ed Emozione. Queste sono le tre parole che meglio riassumono la serata di venerdì e il grande lavoro svolto dal Trio Debussy. Ringrazio gli amici della redazione di Radiophonica che mi hanno dato la possibilità di assistere al concerto e di condividere queste brevi riflessioni su quest’ultimo con i lettori.
- Giulio Fortunato