Internet Bill of Rights: la MAGNA CHARTA VIRTUALE
di Lucia T. Fontana & Marco Piscedda
Questa mattina, presso la sala dei Notari, è stato presentato un libro dai contenuti alquanto innovativi quanto importanti. Gli autori del seguente testo, presenti all'evento, sono stati: Anna Masera (garante del lettore La Stampa), Guido Scorza (Istituto per le Politiche dell'Innovazione) Luca de Biasi (giornalista) e Stefano Rodotà (università di Roma la Sapienza). Il libro in questione, intitolato 'INTERNET E I NOSTRI DIRITTI', rappresenta un lavoro fatto dalla Camera dei Deputati, avente come iniziatore e massimo punto di riferimento Stefano Rodotà, il quale, dal 1997 al 2005, è stato il primo Presidente del Garante per la protezione dei dati personali. Infatti, la questione su cui s'è dibattuto, ha avuto come oggetto principale i diritti umani, i dati personali di ognuno e come questi debbano entrare a far parte anche del mondo telematico.
D'altronde, è inutile dire quanto noi oggi siamo legati alla tecnologia, in particolare a internet, mezzo di comunicazione e di informazione, che ha assunto nel corso degli anni un ruolo di primaria importanza nella nostra quotidianità. A tal proposito, l'Italia, nel 2015, è stata la prima nazione che ha presentato una dichiarazione dei diritti di internet. Ed è proprio su questo punto che s'è sviluppata l'argomentazione, dal momento che, spiegano gli autori del testo, non è possibile scindere la nostra vita reale da quella telematica, ergo, è necessario che i Diritti Umani vengano rispettati anche nella nostra dimensione virtuale. In poche parole, noi tutti non dobbiamo credere che internet sia una realtà senza regole, anzi, in esso si sta cercando di attuare una dichiarazione di diritti specifici, così da tutelare e rendere consapevoli tutti gli utenti che ne fanno parte. È per questo motivo che Guido Scorza, nel suo intervento, non esita ad affermare: “ non esiste nessun diritto se il cittadino non ne è consapevole, possono quindi essere scritte tutte le costituzioni del mondo, ma se il cittadino non è conscio di ciò che gli spetta, è il diritto stesso a decadere”.
Potremmo dire infatti, che è proprio su questa consapevolezza che hanno lavorato gli autori, sottolineando, attraverso l'uso di parole chiavi quali SICUREZZA, CULTURA, UGUAGLIANZA,PRIVACY…, la reciprocità esistente tra la carta dei Diritti Umani e i Diritti che effettivamente vengono esercitati nel web. Gli spunti di riflessione non sono stati pochi, anche perché gli autori si sono presentati con il preciso obiettivo di sensibilizzare il pubblico su tale tematica, cercando, forse, di far nascere in ognuno di noi quella curiosità necessaria che permetta a tutti di approfondire la destinazione dei propri dati e di come questi vengano effettivamente tutelati. Forse noi non ci rendiamo conto del fatto che, ogni volta che ci iscriviamo su un nuovo social o su una qualsiasi piattaforma virtuale, cediamo volontariamente i nostri dati privati ad un'azienda virtuale, come facebook, che non può non impadronirsi della nostra identità. Tanto che, Luca de Biasi, nel suo intervento, arriva a considerare questo impadronirsi di identità reali da parte di aziende virtuali una cosa del tutto impensabile!
Cosa dobbiamo fare dunque? Come possiamo essere davvero padroni di noi stessi, quindi dei nostri dati? Ma soprattutto, come facciamo a sapere come questi vengano gestiti e da chi? (a tal proposito s'è anche discusso dei diritto all'oblio, quindi, del diritto che ognuno dovrebbe avere nel far cancellare definitivamente i dati inseriti dalla rete). Non posso che riprendere le parole di Rodotà, il quale ha sottolineato una premessa importante: non è vero che i diritti si oppongono ai doveri, quindi, è necessario pensare ai diritti come un mezzo che permettono un'alta qualità della vita, rendendo possibile la convivenza e il bene tra gli uomini. Il problema è che, in linea di massima, siamo convinti che la realtà virtuale, solo perché non tangibile, sia un qualcosa lontano da noi, quindi anche i rispettivi pericoli vengono percepiti come dei rischi distanti. Forse è proprio questo l'errore più grave che possiamo commettere, dal momento che i mezzi tecnologici non rappresentano solo degli strumenti, ma ormai fanno parte di noi ( De Biasi li indica come parte dell'anatomia umana), quindi è necessario che nasca in noi la consapevolezza dei rischi che ogni giorno corriamo e dei diritti di cui effettivamente possiamo godere. In conclusione, dunque, potremmo affermare che: la realtà virtuale fa parte della vita reale in modo ormai costante e influente, per questo, stando attenti al cambiamento che l'umanità sta affrontando, non dobbiamo perdere di vista quei diritti umani, che ci proteggono e ci tutelano, rendendoli concreti anche nelle realtà telematiche, così che ognuno possa essere padrone davvero di se stesso in qualunque tempo e in qualsiasi dimensione.