La Columbia Journalism Review torna al Festival del giornalismo

La Columbia Journalism Review torna al Festival del giornalismo

Quest'anno il Columbia Journalism Review compie 50 anni. In occasione della ricorrenza, il direttore responsabile della sua edizione online cjr.org, Justin Peters, ha curato un sezione che guarda ai prossimi 50 anni del mondo delle news. Verso la conclusione, Peters ha cercato di articolare una filosofia coerente per consentire alle organizzazioni che operano nell'informazione di conservare un ruolo di primo piano abbracciando l'open web. Rinnovando una collaborazione già messa in atto per la precedente edizione, il Festival Internazionale del Giornalismo ha predisposto insieme al CJR quattro panel per riflettere su altrettanti punti fondamentali del suo saggio. Principi che le testate dovrebbero abbracciare se intendono realizzare a pieno il potenziale della rivoluzione delle news digitali: collaborazione, sperimentazione, educazione e moderazione/partecipazione.
1. Collaborazione (Venerdì 27 aprile). In futuro, le news organization maggiormente sostenibili saranno quelle che daranno agli utenti uno spazio importante per interagire in modo sostanziale, esprimersi e partecipare nella genesi e nella divulgazione delle notizie. In questo panel, parleremo del modo in cui le testate possono collaborare con le loro community fisiche e virtuali, e del perché sia importante che trovino modi per interagire e cooperare con tutti i cittadini, non solo con quelli che sono più esperti di tecnologia. Insieme a Peters, interverranno: il direttore delle Interactive News del New York Times, Aron Pilhofer; Garrett Goodman, coordinatore internazionale del social network Citizenside; e Diana Jean Schemo, co-fondatrice di 100Reporters.
2. Sperimentazione (Sabato 28 aprile). Le news organization non possono lasciare che le sezioni per i commenti e l'integrazione con Facebook esauriscano le loro strategie di innovazione digitale. Piuttosto, devono captare indizi da tutti gli attori individuali che stanno sperimentando con le notizie - creando database di strumenti analitici, scrivendo programmi che possano avere applicazione nel campo dell'informazione, perseguendo progetti straordinari della durata dell'evento per la cui analisi e registrazione sono stati creati. In questo panel, parleremo dei modi in cui le testate possono incoraggiare e promuovere questi sforzi, operando con una mentalità innovativa, piuttosto che di retroguardia. Interverranno il co-fondatore di Storify, Burt Herman, lo special projects editor del Guardian Paul Lewis e Robert Hernandez, membro della Online News Association.
3. Educazione (Domenica 29 aprile). Promuovere l'alfabetizzazione al rapporto tra notizie e computer è cruciale per crescere una generazione di cittadini digitali responsabili. In questo panel, discuteremo perché sia importante che le news organization forniscano ai cittadini impegnati gli strumenti per diventare partecipanti a pieno titolo in qualsiasi discussione, e perché dovrebbero diventare centri di insegnamento e creazione della conoscenza. Oltre al premio Pulitzer Sarah Cohen, saranno presenti Dan Nguyen (ProPublica) e Josh Kalven (fondatore di Newsbound).
4. Moderazione/Partecipazione (Giovedì 26 aprile). Invece di dire, «Ecco le notizie; parlate tra di voi», una news organization digitale davvero sostenibile deve aprirsi alla partecipazione e ascoltare le comunità virtuali che sorgono intorno al suo lavoro. In questo panel, discuteremo come le news organization possano far convivere prospettive tra loro opposte, promuovere il dibattito e la discussione, ed evitare di diventare delle 'echo chamber'; come possano incoraggiare e reagire al dissenso produttivo; e perché le testate più vitali siano spesso quelle che accolgono di buon grado le correzioni, rispondono alle domande, e ascoltano - invece di ignorare - lamentele fondate dai membri della community. Ne parleranno, sempre con Peters, Lucy Chambers (coordinatrice Open Knowledge Foundation), Charlie Beckett (direttore di POLIS presso la London School of Economics) e Mark Johnson(community editor dell'Economist).

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