Le sfide del cambiamento: il futuro dei media
Perugia - Il Festival Internazionale del Giornalismo ha aperto i suoi battenti. Non c'era modo migliore che cominciare con un convegno sulla crisi che sta investendo il settore dei media. I problemi attuali riguardano tutti e sono piuttosto chiari: le vendite calano, le pubblicità diminuiscono, i giornalisti aumentano.
Di questa triade, quanto mai complessa, se ne sono occupati Giulio Anselmi (presidente ANSA), Andrea Camporese (presidente INPGI), Carlo Malinconico (presidente FIEG), Franco Siddi (segretario generale FNSI) e la dott.ssa Grande, che ha fatto le veci di Paolo Bonaiuti (sottosegretario all'Editoria), bloccato a Roma per un convegno internazionale. Oggi l'informazione è in crisi e deve fare i conti con qualcosa di più grande. Ebbene sì, il denominatore comune di tutti gli interventi è stato chiaro sin dall'inizio del dibattito: il settore dei media sta pagando le conseguenze della crisi economica. Per i non addetti ai lavori, la soluzione potrebbe apparire alquanto semplice: aspettare la fine della crisi. Se i problemi del mondo dell'informazione fossero tutti qui non ci sarebbe tanto da preoccuparsi. In realtà, i fatti dicono che bisogna intervenire con nuove strategie, soprattutto di fronte all'evoluzione tecnologica.
“La radio ha raggiunto quota 50 milioni di utenti in 38 anni, la televisione ce ne ha messo 13, internet 4. Tutt'altra storia Facebook che in sole 9 mesi si è aggiudicato 100 milioni di iscritti”, ha commentato Giulio Anselmi, che si è poi soffermato sulla situazione italiana: “In Italia la dialettica tra le forze politiche e l'opinione pubblica non è del tutto favorevole alla qualità dell'informazione e le pressioni colpiscono la qualità. Spesso ci definiamo come i cani da guardia dell'informazione, ma se siamo cani, a volte lo siamo da salotto. Le forze politiche sono convinte che siano determinanti nello spostare l'opinione pubblica. Non è stato solo Berlusconi a essere critico con i giornali, lo stesso è accaduto con D'Alema. Se di fronte a queste pressioni noi informatori non abbiamo una capacità di reagire in maniera ferma, abbiamo ben poco diritto di lamentarci se l'opinione pubblica ci riserva un peso scarso”. Secondo il presidente dell'Ansa c'è una sola via da seguire per far diventare l'informazione più ricca: “Adeguatezza e credibilità”.
L'informazione cartacea è in crisi ma possiede ancora il 48% dell'informazione totale, rispetto al 28% della televisione, 7% della radio e il 4% dei new media. “L'informazione è si un bene collettivo, ma affidarci all'intervento pubblico (con la logica che spesso ispira tutte le industrie) nel nostro caso è pericoloso. Il rischio di inquinamento è forte”, ha concluso Anselmi. Secondo Franco Siddi l'errore da non commettere per uscire dalla crisi dell'informazione è di investire tutto sulla televisione. Non a caso è quello che sta succedendo oggi in Italia. La soluzione fornita da Carlo Malinconico riguarda l'organizzazione del lavoro: “Serve flessibilità”. Drastico il commento di Andrea Camporese sull'ascesa dei nuovi media che “possono compromettere la qualità dell'informazione”. Tutti però concordano sulla strada da perseguire: da una parte serve adeguatezza e credibilità, dall'altra servono strumenti efficaci e risorse mirate per poter garantire la pluralità dell'informazione. L'intervento della dott.ssa Grande non poteva che andare a sostegno delle politiche attuate dal Governo: “C'è la consapevolezza della crisi di settore. L'ultima riforma strutturale, però, risale al 1981 con legge n. 416. Il Governo sta preparando una riforma importante che dovrà essere condivisa da tutti”. Aspettiamo fiduciosi.