Lettera aperta ai calabresi
Sono nata con la pelle bianca e non sono stata io a sceglierlo. Sono nata con gli occhi chiari e non sono stata io a sceglierlo. Sono nata in Calabria e non sono stata io a sceglierlo. Ma nonostante non mi importi nulla del colore della mia pelle e del colore dei miei occhi, sono molto legata alla terra in cui sono nata. Mi amareggia profondamente la situazione attuale della Calabria, lasciata sola a se stessa, dimenticata, nell’indifferenza generale dei suoi abitanti e forse in parte e’ anche colpa nostra, di noi migranti partiti a cercar fortuna in luoghi piu’ fertili. Volgo lo sguardo verso la mia terra e cio’ che vedo e’ abbrutimento, Rosarno ha rappresentato il picco massimo delle barbarie. Non volevo credere a quelle immagini, non volevo credere che stesse accadendo proprio nella mia terra. Dovevo scrivere un pezzo sulla mia esperienza da migrante ma la rabbia prende il sopravvento, noi calabresi non possiamo accettare passivamente quello che e’ accaduto. La stupidita’ purtroppo e’ una malattia infettiva ma questo non vuol dire che non puo’ essere combattuta. Quando abitavo in Inghilterra sono stata vittima anch’io di discriminazioni razziali e ho dovuto purtroppo fronteggiare un ignoranza che mi accusava di rubare lavoro agli inglesi, insomma leghisti e stupidi esistono anche in Inghilterra. La vita del migrante non e’ semplice e avere coraggio non vuol dire non avere paura. Penso a quei ragazzi a Rosarno, a quei ragazzi sparsi per l’Europa rifugiatisi nella speranza di una vita migliore, come a tanti altri ospiti nei centri di accoglienza che, ogni giorno, vivono un inferno, lanciando grida di solidarieta’ ad una societa’ italiana diventata insensibile e muta. Mi vengono in mente gli italiani nel mondo che come gli altri migranti si ghettizzano perche’ non e’ facile farsi accettare dalla societa’ che ti ospita, ma nonostante questo gli vengono garantiti tutti i diritti. A differenza degli altri paesi, quelli ricchi intendo, in Italia non esiste una politica di integrazione sociale. Il governo attuale si sta dirigendo verso una politica di totale chiusura e respingimento; basti pensare ai “battibecchi” con Malta di quest’estate, in cui l’italia ha avuto una breve amnesia, dimenticando di essere uno stato firmatario della Convenzione di Ginevra, che per chi non lo sapesse garantisce l’ospitalita’ ai rifugiati. La cosa grave e’ che nessuno si e’ davvero reso conto che mentre l’Italia e Malta discutevano come due suocere, su quelle imbarcazioni c’erano degli esseri umani; li abbiamo semplicemente condannati a morte e siamo tutti responsabili; il governo rappresenta noi cittadini e noi italiani eravamo troppo presi dalla prova costume. Una settimana fa ho incontrato tre donne, erano tre rifugiate di guerra, ho passato con loro un pomeriggio e le ho intervistate. La prima era scappata dalla Costa d’Avorio, era un insegnante nel suo paese; era spaventata all’inizio perche’ non mi conosceva, aveva paura che la sua identita’ venisse fuori. Ha lasciato tutti in Costa d’Avorio, e’ stata costretta a fuggire perche’ perseguitata. Le uccisero suo marito davanti agli occhi. Lei non era un attivista era semplicemente un insegnante. La seconda ragazza era molto giovane, africana anche lei, del Kenia, la sua storia era diversa. Lei era una studentessa e una attivista; era leader del movimento giovanile femminile ODM, in forte opposizione con il governo; anche lei in pericolo di vita era stata costretta ad abbandonare la sua terra, ad affrontare un viaggio tremendo senza conoscerne la destinazione, condannata a vivere nella paura di essere rintracciata e uccisa. Anche lei come la prima e’ in attesa del permesso di soggiorno. La terza donna era una quarantenne colombiana, lei era un’imprenditrice, viveva nell’agio, aveva un autista, guardie del corpo, una bella vita insomma, fino quando le Farc non la presero di mira accusandola di essere un’informatrice. Le rapirono suo marito e fu costretta a pagare per 3 volte un riscatto pari a 50.000 dollari, per un totale di 150.000 dollari. Ovviamente il marito non venne rilasciato, allora la sua vita venne presa di mira e continuarono a minacciarla nel tentativo di estorcerle piu’ denaro, fino a iscriverla nella lista nera, che e’ la lista dei condannati a morte. Cosi’ grazie alle amicizie di cui godeva inizio’ una fuga per il Sud America, per poi scappare in Italia. Lei ha lasciato suo fratello in sedia a rotelle vittima di un attentato delle Farc in cui l’obiettivo era lei, una figlia e la sua famiglia. Suo marito non e’ ancora stato rilasciato. Ha ricevuto il permesso di soggiorno. Non sono in Calabria al momento e non sono a conoscenza di come i calabresi abbiano realmente reagito all’ondata di violenza e abusi perpetrati a Rosarno, ma voglio sperare che l’indigniazione e la vergogna siano stati sentimenti unanimi. Voglio sperare che il popolo calabrese e tutta l’Italia si risveglino presto da questo letargo sociale, mi auguro che il futuro della nostra politica sia multicolore come la realta’ del nostro paese.