Libertà di stampa vs innovazione
a cura di Selena Mariano
È venerdì 5 aprile, terza giornata dell’IJF19. Alle 10, a Perugia, in Sala della Vaccara, ha preso posto un panel di discussione: “Libertà di stampa vs innovazione”, con protagonisti Cristian Lupsa(Deca), Natalia Antelava(Coda Story), Andras Petho(Direkt36) e Inga Springe(Re.Baltica); moderatrice Alicja Peszkowska(Outriders Network).
Il nome del panel centra gli argomenti affrontati durante l’incontro, circoscritti geograficamente all’est Europa (Romania, Ungheria, Georgia e Bielorussia). La prima domanda viene rivolta a tutti i partecipanti: cos’è l’innovazione e come si può innovare nel giornalismo? Risponde Lupsa: nella sua esperienza, innovare ha significato creare un magazine che cura non solo forma e contenuti, ma anche i suoi lettori, sopperendo alle mancanze dei media outlets tradizionali (“Innovation addresses different people needs”). Innovare, poi, vuol dire anche cercare sempre di migliorarsi e questo, secondo Lupsa, emerge anche dal fatto che in Romania, fuori dai legacy media, c’è sempre qualcosa di nuovo e innovativo.
Per Petho, invece, innovazione vuol dire ascoltare e prendere esempio dagli altri, sviluppando anche la stessa idea ma in modi diversi. L’innovazione è una strada verso l’indipendenza del giornalismo; un’indipendenza politica, economica e di opinione.
Antelava racconta che la sua innovazione è nata dalla frustrazione scaturita dai media tradizionali, i quali non curavano contenuti importanti e sono troppo controllati dalla politica. Antelava inoltre aggiunge che l’innovazione è uno strumento per adattarsi ai mutamenti della società e per capire il mondo.
Inga Springe spiega l’innovazione in Bielorussia: ci tiene a sottolineare che sebbene la Bielorussia sia definita come “l’ultima dittatura d’Europa” è anche chiamata “il centro innovativo dell’Europa”. Nel giornalismo questo significa un notevole spread del giornalismo locale, un giornalismo socialmente responsabile. Il fenomeno, sostiene Springe, è una lezione di educazione civica perché indica una partecipazione nei processi decisionali politici e sociali.