Lisa Gastoni: “Io, ‘borghese decadente ma piacente’ del cinema italiano artisticamente rinata grazie ad Ozpetek”
A cura di Alessandro Ticozzi
La celebre attrice ligure ricorda nostalgicamente il periodo più fulgido della nostra cinematografia, che la vide raccogliere i suoi maggiori successi diretta da Carlo Lizzani e Salvatore Samperi: sino al ritorno sui set cinetelevisivi dopo una lunga assenza, rilanciata da Ferzan Ozpetek.
Dopo essere stata guidata da Carlo Lizzani in Svegliati e uccidi (1966), Lei si è confermata nel fatidico 1968 con Grazie, zia di Salvatore Samperi e I sette fratelli Cervi di Gianni Puccini: cosa ricorda di questi Suoi primi successi?
Carlo per me è stato un punto fermo perché con lui ho avuto quel primo successo, cui sono seguiti gli altri film con Samperi e Puccini da Lei citati: allora ho fatto cose bellissime in quanto era il periodo migliore del cinema italiano.
Cosa L’ha poi spinta a tornare a lavorare con Lizzani e Samperi – rispettivamente in Mussolini: ultimo atto (1974) e Scandalo (1976) – , seguiti dall'Immoralità (1978) di Pirri?
La gratitudine nei confronti dei registi che mi avevano lanciata: lavorare con Lizzani era una gioia, e grazie a lui ho incarnato una Claretta Petacci memorabile. Eravamo amici, così come ero molto legata anche a Salvatore: un uomo assai sveglio e intelligente, per merito del quale sono stata considerata “la borghese decadente ma piacente” della cinematografia nostrana. In quasi tutte le pellicole che ho girato ero infatti la signora apparentemente perbene che poi invece aveva una seconda vita alquanto licenziosa: ciò andava molto bene ai registi di sinistra perché potevano fare di me una vittima apparente, sfruttando al contempo tale mia sensualità aristocratica che attirava il grosso pubblico. Questo mi ha portato a interpretare anche L’immoralità di Pirri, un film molto strano che non mi ha esaltato in modo particolare: sulla carta m’interessava, ma a posteriori il risultato non mi ha granché convinta.
Cosa L’ha indotta nel 1979 a debuttare in teatro, diretta da Luigi Squarzina in La Celestina di De Rojas?
Era un rifacimento di Sastre inscenato al Teatro Argentina con molto successo: tuttavia non avevo voglia di affrontare poi anche la tournée, e ciò ovviamente non ha fatto piacere né ai miei colleghi né a Squarzina.
Cosa L’ha invogliata a tornare dopo tanti anni al cinema, interpretando nel 2005 Cuore sacro di Ferzan Ozpetek?
Non avevo grandi ambizioni in tal senso: ritenevo di avere già avuto una bella carriera, ma Ozpetek mi ha messo alle calcagna due agenti – madre e figlio – che non mi hanno mollata un momento. Dopo mesi di telefonate – non dico quotidiane, ma quasi – , alla fine ho accettato che mi mandassero il copione: una volta tornata dalle vacanze, mi hanno ritelefonato dicendomi che Ozpetek voleva tanto lavorare con me. Allora egli usciva dai successi di Le fate ignoranti e La finestra di fronte: ho letto il copione di Cuore sacro e ho accettato. Ozpetek è veramente un grande regista, dotato di una forza straordinaria: abbiamo lavorato parecchio bene assieme, e da lì è ripartita la mia carriera anche con numerose fiction televisive.