RIP! A remix manifesto.
Ha concluso la prima giornata del Festival Internazionale del Giornalismo edizione 2010, la prima proiezione del ciclo di docu-film, Dannati giornalisti, curati e diffusi da Cult-Tv.it. Nella serata di mercoledì 21 aprile è stato dunque proiettato, nella suggestiva ambientazione della Sala dei Notari il primo documentario: RIP! A Remix manifesto, del regista e blogger canadese Bret Gailor. Il film è una celebrazione di un nuovo linguaggio, di una nuova visione di concepire ciò che ci circonda e il mondo: è un viaggio inedito, attraverso il cinema, l’arte, la cultura e non ultima la musica che intende spiegare ciò che anima la cultura del remix e del mash-up! Ma ripercorrendo le ragioni che hanno spinto il regista a produrre un simile documentario si evidenzia una forte critica verso il modo stantio di concepire la cultura: tutti gli artisti contemporanei sono infatti costretti a fronteggiare il problema del copyright, dei diritti sulla proprietà intellettuale. Così, ripercorrendo la vita di un giovane e talentuoso scienziato biomedico, che di notte anima le serate con remixes di pezzi famosi e con mash-up, si scopre che il senso vero del copyright non è più quello di tutelare il singolo “inventore”, bensì diventa uno strumento per alimentare il florido business delle major discografiche e cinematografiche. Da oltre dieci anni però si è diffusa una nuova cultura, o meglio un nuovo linguaggio, che si fonda sul libero scambio di informazioni, di dati (musicali, cinematografici, letterari, ecc.), che vede il computer, ed in particolare la rete, come strumento per poter creare contenuti innovativi, servendosi di elementi presi in prestito da altri artisti. Se la cultura si fonda sul passato, come postula il primo assunto del manifesto della cultura del remix, quest’ultimo viene rivisitato e reinterpretato alla luce della realtà odierna. Sono così fusi insieme tracce audio degli artisti più disparati che costituiscono un elemento nuovo ed innovativo nel panorama musicale. Ma in qualche modo tutto questo contrasta con la logica di controllo e di profitto delle major, che traggono profitto dai diritti sulla proprietà intellettuale (Digital Rights Management) e arriva a limitare la libertà di espressione di quanti si servono ad esempio di tracce del passato recente per creare qualcosa di nuovo. Questa forma di scrittura del XXI secolo è dunque minacciata da un’aspra censura, che controlla i contenuti ed i mezzi cui gli artisti ricorrono. Ma la cultura Remix intende costruire una società libera ed aperta, in cui l’accesso ai dati di qualsiasi genere sia gratuito e libero per tutti, una società egalitaria, che trae radici nel caldo Brasile, da cui intende riprendere le pratiche dei creative commons e del peer-to-peer. Questo innovativo mezzo di comunicazione è stato tuttavia criminalizzato e considerato illegale dal momento che viola le leggi sul copyright. Uscire da questa logica di profitto si può? Sì, ce lo dimostrano i Radiohead, che hanno dal 2007 deciso di rescindere il loro contratto con la major label EMI Music, per distribuire il loro album su Internet, favorendo la libera circolazione e la rivisitazione dei propri brani.