Sette storiche donne belle secondo Alessandro Iori

Sette storiche donne belle secondo Alessandro Iori

di Alessandro Ticozzi
 
Domenica scorsa è andata in scena al Teatro Porta Portese di Roma l’ultima replica dello spettacolo Sette storiche donne belle, una serie di vibranti monologhi costruiti dal regista e drammaturgo Alessandro Iori con grande gusto e sensibilità su misura di ottime attrici:
più mascoline Alessandra Romano e soprattutto Daniela Bartolomei, come del resto vogliono i rispettivi ruoli della pistolera Calamity Jane e della piratessa Cing-Shih; un forte fascino “imperiale” sprigionano invece l’intensa Teodora di Bisanzio di Graziella Centofante che conclude la messinscena per le rime (è proprio il caso di dirlo…), e ancor più la Cleopatra di Laura Ranghi e la Messalina di Maddalena Ferrara che paiono sapientemente giocare con la succintezza delle proprie vesti in eleganti vedo-non vedo, aiutate in questo da un accorto gioco di luci.
Gli stessi che servono quella che in tal senso rimane l’apice della messinscena, vale a dire i due pezzi magistralmente interpretati da Maria Cristina Capogrosso.
Fiere e sensualissime le “sue” Frine e Mata Hari: come cortigiana greca finisce col mettersi letteralmente a nudo davanti alla pubblica accusa, esibendo con notevole classe un corpo di così perfetta asciuttezza da apparire realmente degno di una scultura dell’epoca classica; certamente levigato dalla propria attività di danzatrice di cui – nei panni della celebre spia olandese – regala un superbo passaggio terminante in una penetrante chiusa espressiva in quel volto tanto particolare quanto lineare che calzerebbe appieno con un primissimo piano di Hanna Schygulla da melò fassbinderiano.
Sicura nella propria padronanza scenica quanto quel vino Primitivo proveniente dalla natìa Manduria, sublime versatrice dotata di elevata cultura filosofica, la Capogrosso calca infatti da diversi anni i palcoscenici capitolini, cogliendo saltuariamente l’occasione per fugaci apparizioni televisive: pure lei reclutata dall’ottuagenario cineasta sperimentale tedesco Eckhart Schmidt nel ciclo di pellicole sperimentali che ormai da un lustro porta avanti periodicamente qui in Italia valorizzando abilmente giovani talenti femminili emergenti sue pari colleghe. Speriamo che anche i migliori autori del nostro cinema contemporaneo notino un simile talento: lo meriterebbe a pieno titolo!

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