In Somalia non si fermano gli scontri tra caschi blu e le milizie locali.
Aumentano i morti tra i civili e i movimenti migratori, vere e proprie fughe dalla città di Mogadiscio.
E’ destinato a crescere il bilancio di vittime civili in Somalia, negli scontri che vedono opposte le forze dell’ONU, impegnate nell’operazione di peace keeping, e le milizie islamiche locali, che si oppongono al governo di transizione. Si susseguono senza sosta le battaglie in diverse zone della città, già agli inizi di febbraio erano rimasti uccisi dodici civili a Mogadiscio, dopo che i caschi blu avevano sparato colpi di mortaio in risposta ad un attacco a fuoco dei ribelli. Secondo fonti ufficiali locali sarebbero rimaste ferite oltre cinquanta persone, a causa del ricorso da parte dei ribelli di civili in funzione di scudi umani. Ma gli scontri si sono registrati anche tra le forze governative somale e la milizia al-Shebab a Mogadiscio, costringendo migliaia di persone alla fuga. Negli scontri più recenti, quelli di mercoledì scorso, sarebbero rimasti uccisi ventiquattro civili, mentre i feriti sarebbero una quarantina, secondo i dati diffusi dall'UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Dall'inizio di questo mese, sarebbero stati oltre 8 mila i civili che avrebbero abbandonato le loro abitazioni nella capitale somala, per mettersi in salvo dalle operazioni militari che infuriano nei sobborghi settentrionali di Haliwaa, Yaaqshiid e Wardhiigleey. Sarebbero diretti al corridoio di Afgooye, a poche decine di chilometri da Mogadiscio, dove sono concentrati oltre 300 mila sfollati dei precedenti conflitti. Secondo le fonti di UNHCR , l'escalation di violenza in Somalia centro-meridionale e soprattutto a Mogadiscio starebbe provocando forti movimenti migratori forzati, senza il rispetto del diritto umanitario internazionale.