TORN - STRAPPATI: a proposito dell'arte in tempi di guerra

TORN - STRAPPATI: a proposito dell'arte in tempi di guerra

 
 
TORN - STRAPPATI
 
A PROPOSITO DELL’ARTE IN TEMPO DI GUERRA
 
 
 
 
 
Di Cecilia Robellini
 
 
"In Sarajevo c’erano le rose sul selciato. Si chiamavano così le schegge sparse al raggio delle granate esplose in piazze e strade.” Inizia così "Torn - Strappati", il documentario di Alessandro Gassmann realizzato in collaborazione con UNHCR Italia, proiettato in occasione del Festival Internazionale del Giornalismo Domenica 10 Aprile, presso la Sala dei Notari di Perugia.
“Torn” racconta i sogni e le speranze degli artisti siriani rifugiati in Giordania e Libano, coltivati a dispetto delle loro vite travolte dalla disperazione e dal dolore. Gassmann, nel suo monologo introduttivo al documentario, pronuncia queste ultime parole: “C’erano le serate di poesia. In quelle ore si erogava la caloria pulita procurata dall’attrito tra le poesie e l’ascolto. Uno di loro, Izet Sarajlić, a proposito di quelle sere scrisse - Chi ha fatto il turno di notte per impedire l’arresto del cuore del nostro mondo? Noi, i poeti.-”
Queste parole narrano la storia del popolo di Sarajevo, rimasto in patria senza mai rinnegare la propria appartenenza ad essa, confortato dalla voce dei poeti che ne davano testimonianza. Passano gli anni e cambiano gli scenari, ma l’ombra del conflitto che attanaglia le vite di intere popolazioni, si sposta vorace e non conosce tregua. E’ il panorama di una guerra, e nonostante tutto il dolore che può causare, necessita di essere illustrato, perché lo spirito poetico deve esistere, qualunque sia l’argomento. E’ così che un pittore rappresenta il dolore, uno scultore ne segue le pieghe amare; un fotografo immortala la sofferenza e un violinista compone il canto di disperazione e di speranza, insieme. Sono le vite degli artisti, figli di una patria sanguinante, che sognano la pace e maledicono l’odio e il terrorismo.
Lo fanno aggrappandosi alla loro più grande passione: l’arte, in tutte le sue sfaccettature. Essa è occasione di denuncia ed opportunità di espressione. Uno di loro dice :“ Oggi la vita si è fermata completamente in Syria, ma l’educazione e la cultura continuano.” E’ questo il riscatto, il suono di una risata dritta in faccia a chi credeva di averla per sempre debellata. La Syria non è solo estremismo e terrorismo: i suoi cantori la disegnano come una terra dove sono confluite molteplici civiltà. E’ un crogiolo di culture e religioni, ma nella maniera più eretica e spontanea possibile, gli artigiani della creatività dichiarano di credere in oguna di esse. E per tali menti accettare odio ed oppressione è innaturale.
Emblema di tale rivalsa è Alaa Arsheed, violinista siriano presente al dibattito che ha seguito la proiezione del documentario. All’incontro erano presenti, inoltre, Carlotta Sami, portavoce dell’UNHCR, Patrick Kingsley, di The Guardian, che é corrispondente per i migranti ed ha comunicato in diretta Skype da Istanbul, e Isaac Martin, musicista. Mancava all’appello Alessandro Gassmann, per motivi di lavoro. Alaa ha preso parte al documentario realizzato dall’attore e ciò lo ha reso noto: ha così ottenuto una borsa di studio che gli ha permesso di venire legalmente in Italia per realizzare i suoi sogni. Riguardo al nostro paese ha detto “Ovunque guardi vedo bellezza. La gente è un seme. Mi sento veramente amato”. Isaac Martin, musicista veneto che affianca Alaa nella realizzazione del suo progetto artistico, ha parlato della necessità di ricercare sempre armonia e bellezza e prenderne consapevolezza, senza restarne assuefatti a tal punto da non sentirne più l’esigenza. Necessità che, invece, è costantemente presente negli animi di chi conserva in sé la volontà di poter esprimere a tutti i costi la propria creatività e il proprio talento, per raccontare la propria esistenza, per cambiarla, per salvarla.

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