Un uomo perbene: vita di Alberto Giacomelli
ISUC, Istituto per la storia dell'Umbria contemporanea, e Dipartimento di Lettere dell'Università degli studi di Perugia, per il ciclo di incontri su Letteratura e Storia contemporanea, presentano “Un uomo perbene, vita di Alberto Giacomelli giudice ucciso dalla mafia” di Salvo Ognibene con la prefazione di Attilio Bolzoni (edizioni EDB).
Un piccolo volume, pubblicato nel 2018 proprio per ricordare, nel trentesimo anniversario (14 settembre), il giudice Giacomelli: un profilo che raccoglie anche il prezioso contributo di diversi testimoni che ne ricordano l’impegno e la sobrietà istituzionale. L'incontro è previsto per Mercoledì 23 gennaio, alle ore 17.30, presso la Sala delle Adunanze del Dipartimento di Lettere, in piazza Morlacchi.
Interverranno Fausto Cardella, Procuratore Generale di Perugia, e Antonio Pietro Sirena già Presidente di Sezione della Corte di Cassazione. Sarà presente don Giuseppe Giacomelli, figlio del giudice.
Alcune note: Alberto Giacomelli fu ucciso da due killer di mafia che gli spararono un colpo di pistola alla testa e uno al torace. Quella mattina aveva appena imboccato la provinciale tra Trapani e Marsala a bordo della sua Panda bianca quando venne raggiunto dai killer su una vespa. Nonostante l’evidenza di un delitto commesso dalla criminalità organizzata, la morte di Giacomelli rimase avvolta nel mistero per troppo tempo. Mancava il movente, mancavano i mandanti e gli esecutori materiali. Il giudice, 69enne, era andato in pensione un anno prima. Figlio di un magistrato, dopo la laurea nel 1946, entrò in magistratura, destinato alla Procura di Trapani. Dal 1951 al 1953 fu Pretore di Calatafimi, poi a Trapani dal 1953 al 1954. Dal 1971 divenne giudice presso il Tribunale di Trapani, e dal 1978 fu il Presidente di Sezione dello stesso Tribunale, fin quando andò in pensione il 1o maggio 1987 per ritirarsi in campagna ad occuparsi delle sue terre.
Il processo: Un primo dibattimento venne istruito sulle dichiarazione di un pentito che accusava una banda di giovani “balordi” di essere gli autori dell’omicidio. Al termine del processo, celebrato davanti alla Corte d’Assise di Trapani, vengono condannati, ma in seguito la stessa “banda” sarà assolta in appello. Il falso pentito li aveva accusati di omicidio per vendetta. La svolta avviene anni dopo, stavolta con le rivelazioni di un vero collaboratore di giustizia. Giacomelli – affermò -, è stato ucciso per “una questione di famiglia”. Il magistrato nel gennaio del 1985, in qualità di Presidente della sezione per le misure di prevenzione del tribunale di Trapani, aveva confiscato l’abitazione di Gaetano Riina, fratello di Totò, applicando, tra i primi in Italia la legge “Rognoni-La Torre”. Il 9 settembre del 1987 i Riina impugnarono il sequestro e Gaetano cercò di mantenere il possesso del bene facendosene nominare “affidatario”. Il tentativo però fallì e l’anno successivo Giacomelli fu ucciso. 14 anni dopo la morte del giudice Totò Riina è stato condannato in via definitiva all’ergastolo quale mandante dell’omicidio. Ad oggi, a trent’anni di distanza non si conoscono i nomi degli esecutori materiali dell’omicidio. Nelle motivazioni della sentenza i giudici della Corte d'Assise ripercorsero il momento storico in cui fu commesso il delitto. Emerse, così, che la mafia aveva deciso di colpire, per la prima volta in assoluto, un magistrato giudicante. Qualche giorno dopo il 25 settembre fu ucciso anche Antonino Saetta, altro magistrato giudicante della Corte d'Appello di Palermo.