Welcome To The Jungle Record Store| Una giungla di dischi
Siamo nel pieno di quella che possiamo definire la stagione più bella, fuorviante e danzante per una delle più belle città d’Italia. Siamo nella nostra Perugia a raccontare, ballare e cantare di musica. Insieme a noi, cittadini, la miriade di artisti, turisti e curiosi della musica venuti fin qui solo ed unicamente per ascoltare e godersi quel pezzo Groove immaginato per anni, il cantante di quel gruppo, o quella band incredibile che mai si sarebbero sognati di vedere live. A ripercorrere le nostre strade a colpi di schitarrate, giri di contrabbasso e note irraggiungibili ci sono anche loro: i producer, i venditori di dischi, e tantissimi altri personaggi e protagonisti della musica. Che la musica non fanno, ma producono o vendono. Tra di loro, proprio grazie a Umbria Jazz 2022 tornano, ancora più carichi di prima, i nostri amici di “Welcome To The Jungle Record Store” dei giovani ragazzi di Roma. Martina- il boss (proprietaria), Pietro alla direzione artistica e Giulio, collaboratore. Grazie alla loro intramontabile passione per la musica sono tornati proprio qui a Perugia, dopo ben due anni, per raccontarci un po' com’è nato il loro Record Store con attuale sede a Roma, in via Monte Zebio 44. Con almeno 30.000 dischi in vinile, vasta gamma di generi musicali di tutti i tipi, dal Groove, Jazz al Soul (tanto per restare in tema “Umbria Jazz”) per andare fino al Rock, Italiana, progressive Rock, alternative Rock, Blues, Funk e tanto altro ancora. Raccolte che troverete solo da loro, in sede fisica, e online nel loro sito. Ma soprattutto, in queste “fresche” giornate di luglio, in via Bonazzi 16-18, dal 6 al 29 luglio nel loro piccolo, ma bellissimo temporary Store.
L’intervista- Martina
Parliamo inizialmente con Martina, proprietaria del WTJ Record Store.
Martina da giovane studia tutt’altro, non si avvicina sin da subito alla musica, ma anzi. Per vari motivi decide di lasciare il lavoro per cui aveva studiato e vedendo che in quel periodo i suoi amici cercavano, soprattutto compravano, dischi in vinile quasi introvabili a Roma, decide di prendere in mano la situazione e farla sua. La musica, ci racconta Martina, è stata da sempre una sua passione. Accorpa l’utile al dilettevole e decide di far nascere il suo negozio di vinili.
Inizialmente era solo online, per un annetto, come racconta. Poi man mano, raccogliendo dischi su dischi diventa una vera e propria realtà aperta appena quattro anni fa.
Parlando di musica… Sei mai stata influenzata da qualcuno? Da piccola o in famiglia?
-In realtà no, a casa mia ci sono sempre stati i dischi. Mio padre li sentiva e ogni tanto li faceva sentire anche a me. Però in realtà non sono cresciuta con i vinili, è una cosa che ho visto che stava ricominciando ad andare di moda e i miei amici li cercavano.
A Roma mancava questa vibe e quindi mi son detta - perché no, proviamo questa cosa.
Fondi da zero il Welcome To the Jungle Record Store, hai avuto mai aiuti, qualcuno che ti ha spinto a farlo?
-No, mio padre mi ha aiutata, e ancora mi aiuta, dal punto di vista economico perché comunque inizialmente c’è stato un investimento da fare. C’era un amico di mio padre che ci dava una mano, giornalista e critico musicale. Agli inizi lavorava con noi, ci ha dato una mano. Ma l’idea è stata completamente mia.
Avete mai partecipato a festival, raduni, mercati o fiere del disco?
-Quando non avevamo ancora il negozio abbiamo fatto delle fiere. Adesso invece, avendo il negozio, è un po' più difficile perché ogni volta smontiamo e portiamo da altre parti. Siamo stati anche qui a Umbria Jazz prima del Covid già una volta.
Il negozio ti ha portato a conoscere personaggi della musica? Cantanti o artisti che hanno conosciuto lo Store?
-Conoscenze, nel mondo della musica, ne abbiamo avute. Comunque il negozio a Roma è vicino alla Rai, Radio Rai, quindi girano personaggi che siano giornalisti e/o artisti. Per cui qualcuno è capitato. Uno tra loro è Roberto Gatto. Tra l’altro abita vicino a negozio e viene a trovarci spesso, oramai abbiamo fatto amicizia.
In fatto di musica il negozio mi ha cambiata…
-Grazie allo store, nell’ambito musicale, ho imparato tante cose che non sapevo. Non avevo abbastanza conoscenze in materia. Poi, stando sempre in negozio e ascoltando dischi tutto il giorno, ho imparato e cambiato i miei gusti in fatto di musica. Ampliati davvero.
Pietro
Inizia anche lui da giovane. Parte da Napoli, città natale.
A differenza di Martina, per la maggior parte della sua vita si occupa di musica, da adolescente inizia a fare il Dj. Studia musica elettronica in conservatorio, ad Avellino (Napoli) e così facendo riesce a capire l’essenza della musica e il vero e proprio senso di essa. Ciò che la musica ti deve dare in quello spazio di tempo o nei secondi di quella melodia. Da lì si sono aperte una serie di strade, diviene arte terapeuta e, da sempre, siccome lo richiedeva anche il mestiere, raccoglie e colleziona musica, vinili. Quando comincia a lavorare in negozio- “è come il paradiso” - ci racconta. C’era tutta la musica di questo mondo, continua.
Comincia a lavorare a negozio perché quello che faceva forse non bastava più. Inizia dall’essere Dj, dai festival alle feste più importanti.
Come ho iniziato a lavorare nel Welcome To the Jungle…
-Facevo arte terapia, dei laboratori con bambini dai sette ai dieci anni nelle scuole e con il Covid e una serie di cose, dopo aver fatto un lavoro che non mi piaceva più, ed essermi licenziato, ricevo la chiamata di Martina, a cui- mesi prima- avevo inviato il curriculum. Non ci conoscevamo ancora, appena saputo che si era liberato un posto sono andato là. Vivevo già a Roma da almeno tre anni e sono rimasto in negozio con lei (Martina). Attualmente sono molto contento del lavoro che faccio.
Penso spesso che…
-Il nostro lavoro, oltre a vendere i dischi, dovrebbe essere una cosa un po' più rilevante per promuovere la cultura della musica.
Non dovrebbe limitarsi al commercio, anzi, dovrebbe essere un punto di aggregazione per i giovani, un punto dove incontrarsi. Pensa che quando avevo quindici anni, il sabato andavo a comprare i dischi e lì ho conosciuto i miei migliori amici. Giulio, che lavora con noi, l’ho conosciuto mentre ne compravo alcuni.
La soddisfazione più bella è quando ti entra in negozio un ragazzino che ha dodici o tredici anni e dice – “io vorrei approfondire sul jazz”. Abbiamo dei clienti che sono espertissimi di Jazz, gente che colleziona e ascolta Jazz che ha settant’anni, ma che lo ascolta da quando ne aveva dieci, tra i quali c’è un nostro caro cliente, Carlo, che viene a negozio una volta a settimana con i suoi amici. Arriva il pomeriggio, si siede, prende una pila di dischi e si ferma lì ad ascoltare. Quindi noi stiamo là a chiacchierare sulla musica ore e ore. Grazie al confronto con chi viene a comprare, conosci ancora più cose della musica, riesci ad allargare lo sguardo a più prospettive musicali. Non è che vendendo dischi conosciamo tutta la musica. Io ne conoscevo una parte limitata
Un giorno arriva questo ragazzino emozionato e fa – “io ho sentito il disco di uno che si chiama Grover Washington e vorrei compare tutti i suoi dischi perché sono un grande appassionato di jazz”. Quest’affermazione in mezzo a gente che ascolta il Jazz da cinquant’anni. E ti assicuro che quel ragazzino si da appuntamento con Carlo a negozio. Perché Carlo, che ha settant’anni, gli spiega cose sul jazz. Viene là per imparare ed è una cosa bellissima. E poi, c’è di tutto, gente che viene e non ha idea di chi sia il musicista di cui parla, chi viene per farsi raccontare da noi tutto quello che non conosce, ma che fa parte di quel mondo che ha sentito, che potrebbe piacergli.
E sono lì – aggiunge Martina- curiosi e felici di capire cosa e, soprattutto, chi gli è piaciuto.
Secondo voi i tempi moderni di oggi, che potremmo chiamare paradossalmente “vecchi” perché tornanti alle vecchie mode di un tempo, stanno influenzando o no la nostra generazione?
Risponde Pietro: sì e sì, ma c’è un problema di base, che parte dalle aziende che producono il vinile oggi. Perché quando il vinile magari non era di moda, quando non lo compravano i giovani aveva un costo ridotto. Ora che lo comprano i giovani costa tanto. Quindi loro hanno capito che, nella loro ipotesi, aumentando il prezzo vendono le stesse copie di dischi.
Ti faccio un esempio, vendevamo un disco che è lo storico dei Led Zeppelin, l’anno scorso a venticinque euro, inizialmente a diciotto. Che, per un ragazzino che vuole approcciarsi alla musica e vuole comprare un vinile dei Led Zeppelin, è una cifra accessibile. Lo stesso disco, oggi, se lo voglio comprare dalla casa produttrice lo pago ventiquattro euro. Altri anche di più.
Anche il collezionismo è molto importante, è ciò che muove i vinili usati ,in realtà. Però è il serpente che si morde la coda. Secondo me non è giusto pagare tanti soldi per determinata musica.
Aggiunge Martina: ci sono due tipi di acquirenti, chi compra i dischi per ascoltarli, che non glie ne frega niente se è una prima stampa che vale duecento euro o se è una ristampa uscita ieri da venti. Poi ci stanno i collezionisti che invece vogliono solo le prime stampe e magari non glie ne frega niente se sono rovinate. Però è la prima stampa e sono disposti pure a pagarla tanto per averla, tanto comunque non l’ascoltano. Due tipi di acquirenti totalmente diversi.
Pietro ci dice ancora… aggiungerei che un’altra parte del nostro lavoro, secondo me importante, tornando alle nuove generazioni… è l’impegno con il quale facciamo le cose. Perché quando vendiamo dischi di tutti i tipi, soprattutto quelli di alta qualità, gli acquirenti stessi dicono – “eh ma i giovani d’oggi ascoltano la trap, questo e quest’altro”. C’è un po' di discriminazione, i ragazzi non si sentono nemmeno invogliati. Mi sembra il discorso di quando c’erano i “pankettoni”. I “pankettoni” in Inghilterra picchiavano, erano pazzi, strani. E i ragazzi che ascoltano la trap che si mettono lo smalto sulle unghie non sono diversi.
Il nostro impegno è anche ascoltare tanta musica nuova. Mi impegno tanto, anche se non fa parte della mia cultura, perché vengo dal post-Punk e altri generi ancora.
Che musica ascoltavi da giovane?
-Da piccolo ascoltavo tanta musica House e Techno, perché facevo il Dj e mi incentravo principalmente su questi generi. Poi però sono cresciuto andando a concerti di musica sperimentale, post-Punk. Cose legate ad Aphex Twin e altri. Ma tornando al discorso Impegno- la chiave è capire quello che può essere il futuro. Cercare di proporlo. Ci sono tanti vinili di gruppi o artisti che magari a Roma vendiamo solo noi. Come lo sono i khruangbin. Non molto conosciuti in Italia, ma passiamo davvero giorni a far ascoltare questo disco alla gente e ne vendiamo tante copie. Per noi questo significa vendere dischi, oltre questo che stiamo ascoltando del ’66, Sergio Coppotelli; l’impegno è questo. Gli artisti di ieri sono morti, sono quelli di oggi che contano sennò passeremmo le nostre giornate a dire di questo e quest’altro, ma finisce lì. E oggi? Non abbiamo nulla.
Come vi siete avvicinati al Jazz?
-Come negozio avevamo già un reparto jazz abbastanza fornito, decente. Ma comunque piccolo, dove c’erano delle cose molto fighe, importanti. Un giorno abbiamo avuto la fortuna di conoscere la famiglia Manganini. Una famiglia di Roma molto importante nella musica jazz. Roberto Manganini, aveva vari negozi di dischi in vinile a Roma. Uno dei più grandi collezionisti di Jazz, in Italia e nel mondo. Romano, muore dieci anni fa circa e dona una parte della sua collezione alla Casa del Jazz, a Roma. Parliamo di sessantamila dischi. Una casa intera per tenerli tutti, molto probabilmente. Parte di quelli rimasti, circa seimila, li hanno venduti a noi del WtJ Record Store. Ed ora, in Italia, siamo il negozio con più Jazz usato. Tra quelli in internet e quelli che trovi in forma fisica a negozio, parliamo di almeno diecimila dischi solo di jazz. Quattro o cinquemila già catalogati, con, inoltre, un magazzino pieno di dischi da catalogare.
Come ti sei avvicinato al Jazz Pietro?
-Io ascoltavo ed ascolto ancora principalmente il free-Jazz.
Penso, studiando al conservatorio, e studiandolo assieme ad altre cose- siccome quando ho iniziato, la classe di musica elettronica era formata da tre persone- venivamo un po' presi in giro.
Alcune lezioni le facevamo con la classe di Jazz che era bistrattata quanto noi in conservatorio. Calcola che in conservatorio non puoi studiare il sassofono.
Ti puoi diplomare in flauto, ma il sassofono non è uno strumento contemplato. Poi fai musica jazz e studi anche quello. Dunque, alcune cose le facevo con loro.
Mi sono appassionato molto grazie alla storia del free- Jazz, ma solo perché l’ho rivisto nelle cose che ascoltavo già. Ascolto roba che fa bordello, noise, mezzo Punk, post-Punk. E il free- Jazz in realtà è la stessa cosa, ha le stesse dinamiche ma con altri strumenti. Se vai a un concerto Punk sicuramente l’attacco del gruppo al primo pezzo è un macello. Tutti che partono col botto, poi magari scendono. L’attacco di un concerto Punk è quello. L’attacco di un concerto di un qualsiasi disco di free-Jazz è simile. Suonano 20 persone tutte insieme la prima nota. Quindi mi ricorda molto le cose che ascoltavo. Inoltre, ringrazio Manganini perché, alla fine, ascoltando e catalogando i dischi che abbiamo preso da lui, ho scoperto un mondo di cose che non conoscevo o conoscevo minimamente.
Mi sono affacciato poi all’hard Pop, velocità a 200 bpm.
Vocal jazz che mio padre diceva – “che cagata”.
Come ti sei avvicinata al Jazz Martina?
-A me il jazz non è mai piaciuto. Mi ha sempre dato quasi fastidio, a parte poche cose molto melodiche. Ascoltandolo, come dicevo prima, a negozio, catalogando i dischi con il genere stesso di sottofondo ho imparato ad apprezzarlo. È un genere complicato, di élite, classe. Non è la canzoncina che ti ascolti. Devi abituarti ad ascoltarlo, a furia di ascoltarlo magari capisci anche il genere che ti piace dato che è anche un mix di un po' tutto. È davvero Tutto. E così ho imparato ad apprezzarlo. Prima ancora ascoltavo solo Rock e Punk. Non ho mai avuto un genere, vado a canzone. Se quella canzone mi trasmette qualcosa, indipendentemente da chi la fa, vado e ascolto.
Pietro vorrebbe venire a vivere a Perugia, Martina già la conosceva. Hanno già pensato di aprire un negozio stabile a Perugia.
A cura di Genesis Bridge