British Sea Power - Valhalla Dancehall (Rough Trade, 2011)

British Sea Power - Valhalla Dancehall (Rough Trade, 2011)
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Programma radio, Redazione
Titolo disco: 
Valhalla Dancehall
Nome Artista: 
British Sea Power
Genere disco recensito: 
Power-pop, indie-rock
Label: 
Rough Trade

Capita di ascoltare un po' di tutto in questo "dancehall del Valhalla": power-pop, indie, post-punk, post-rock. Evidentemente Odino ed i suoi accoliti (nella mitologia nordica, il Valhalla è uno dei palazzi di Asgard, il regno degli dèi, residenza di coloro che sono morti valorosamente in battaglia) hanno gusti stravaganti ed amano i contrasti. Scherzi a parte, questa quinta fatica dei British Sea Power è un caleidoscopio di sonorità diverse, eterogenee. Ci ritrovi dentro i riff graffianti e le melodie catchy del loro esordio, "The Decline of the British Sea Power" (2003), le sonorità magniloquenti di "Do You Like Rock Music?" (2008) ed i passaggi estatici ed ambientali di "Man of Aran" (2009, ad oggi il loro album migliore). Insomma, una sorta di "best of" fatto di inediti. Sembra un paradosso, ma non lo è: ad un ascolto superficiale, "Valhalla Dancehall" suona effettivamente un po' come se Hamilton, Noble, Yan e Wood avessero voluto riassumere in tredici tracce tutta la loro carriera. Messa così ne vien fuori il ritratto di un disco sterilmente autocelebrativo, se non di una mera operazione commerciale, di un lavoro sfornato solo per obblighi contrattuali. La realtà è un pizzico più complessa. Perché con questo suo ultimo full-lenght la band inglese non si limita a proporre una banale rilettura del proprio passato ma cerca, attraverso la carta della fusione, del sincretismo, di trovare nuove forme espressive, spinta da quell'irrequietezza, da quell'ansia febbrile di sperimentare e di non appiattirsi su sonorità banalmente brit che sin dagli inizi ne ha contraddistinto il percorso. C'erano tutte le premesse per un disco schizofrenico e soprattutto dispersivo, ma "Valhalla Dancehall", al contrario, suona solido e compatto. Merito di una scrittura ormai matura e di arrangiamenti ottimamente calibrati, improntati ad una grandeur mutuata dagli Arcade Fire, già ispiratori di "Do You Like Rock Music?". Nelle dichiarazioni del quartetto, l'album doveva suonare come un mix di "Serge Gainsbourg e i Kraftwerk dell'era Ralf & Florian con una spruzzata di Stock, Aitken & Waterman": era una boutade. I riferimenti sono altri. Thin Black Sail, per esempio, con il suo cantato sopra le righe, le chitarre incendiarie ed una sezione ritmica incisiva (il tutto condensato in un minuto e quarantasei) paga dazio ai Pixies (così come del resto il power-pop di Who is in Control). Georgie Ray è una ballad pianistica (impreziosita da una sei corde energica ed emozionale) la cui languida teatralità è debitrice tanto di David Bowie che dei suoi allievi Patrick Wolfe e Jarvis Cocker; stesso discorso per la nenia malinconica e corale di Luna e la più elettronica Living Is so Easy (il primo singolo estratto). I crescendo estatici di Baby (5' 46''), Cleaning Out the Rooms (7' 11'') e Once More Now (11' 13'') strizzano invece l'occhio ai Sigur Rós (ma nell'ultima riecheggiano anche i Go-Betweens), mentre Monkg II, dal canto suo, sfoggia una nevrosi chitarristica, un battito metronomico ed un umore dark che fa pensare agli Interpol. Il resto del disco fila via liscio come l'olio, grazie ai soliti numeri graffianti e trascinanti (We Are Sound, Stunde Null e soprattutto Observe the Skies, forte di un ritornello infarcito di tastierine saltellanti) e a suggestioni new-wave di stampo 80's (Heavy Water). In conclusione, "Valhalla Dancehall" non è il capolavoro che i British Sea Power sembrano sempre sul punto di sfornare da un momento all'altro, ma è comunque un ottimo disco. Frizzante, energico, fantasioso, forte di un songwriting in grado di assimilare e rielaborare in modo personale spunti variegati garantendo l'equilibrio stilistico, l'ultimo lavoro del quartetto di Brighton conquista ed intriga, regalando un'ora di piacevolissima musica. (Recensione originariamente pubblicata su www.labottegadihamlin.it)