Copenaghen al teatro Morlacchi
a cura di: Luana Fusaro e Oscar Giambitto
“Ha un fisico il diritto morale di partecipare ad un progetto così distruttivo ?” Umberto Orsini
È questo l’interrogativo che consuma Heisenberg nello spettacolo Copenaghen, in scena al teatro Morlacchi di Perugia il 6 e il 7 Dicembre 2017. Scritto dall’autore e drammaturgo inglese Micheal Frayn nel 1998 e riadattato in versione italiana ad Udine nel 1999, ritorna dopo ben diciotto anni, con lo stesso cast e senza modifiche di rilievo, sotto la guida di Mauro Avogadro.
Nel lontano 1941, a cavallo tra le due guerre, in una Danimarca occupata dai nazisti, si incontrarono i due massimi scienziati del tempo: il tedesco Werner Heisenberg (Massimo Popolizio) e il suo maestro danese Niels Bohr (Umberto Orsini), padri della fisica teorica.
Di che cosa parlarono i due ? Questo interrogativo, ancora oggi, non riesce a trovare risposta. In un immaginario incontro post mortem, cui partecipa anche Margrethe, moglie di Bohr ( Giuliana Lojodice), i tre provano a ricordare l’argomento trattato, attraversando i diversi piani temporali. Dai loro punti di vista si sviluppano una serie di ipotesi, più o meno plausibili, che tentano di sciogliere il nodo del dubbio.
Heisenberg, a capo del programma nucleare militare tedesco, molto probabilmente stava perfezionando la fissione dell’atomo per mettere a punto una bomba atomica, quando decise di recarsi dal suo maestro. Ma quale era il suo scopo ? Chiedergli aiuto sul suo progetto o metterlo al corrente di un qualcosa che avrebbe addirittura potuto distruggere la sua patria? Era o meno a conoscenza della possibilità di utilizzare un elemento come l’uranio 235 e delle conseguenze che questo avrebbe comportato?
Persino il principio di indeterminazione e di complementarietà vengono applicati all’esistenza umana, perdendo il loro significato puramente matematico. Dalla fisica si giunge alla filosofia e all’ambito morale: quella bomba che fu sganciata per la prima volta nel 1945 su Hiroshima, e che ancora oggi minaccia la salvezza dell’umanità, poteva essere legittimamente costruita ? La fisica aveva questo diritto ?
«Non è possibile una sola verità o una sintesi efficace delle diverse verità, perché una verità è semplicemente un punto di vista, il punto di vista di chi l’ha enunciata. Tutto è umano, niente è assoluto».
Lavagne riempite di formule, quattro sedie, il pavimento inclinato: la scenografia ricorda una tipica aula universitaria immersa in un’atmosfera atemporale. L’impeto interpretativo dei protagonisti conferisce all’azione un ritmo incalzante, aggressivo, tale da non permettere allo spettatore di distogliere l’attenzione neanche per un istante. In scena il vero protagonista è Margrethe, che media tra i concetti fisici con un occhio totalmente umano, carico di dubbi e incertezze come quello dell’osservatore. Gli attori, figli delle Accademie di arte drammatica, ci ricordano l’importanza del furore, dell’analisi psicologica e della presenza scenica con gesti puntuali e studiati. Copenaghen lascia aperti degli interrogativi che si è soliti ignorare, ma che dovrebbero essere considerati imprescindibili, tanto da rendere quest’opera un capolavoro imperdibile.
“Per poter emozionarsi a teatro, in senso heideggeriano: bisogna esserci”.