Dammi una mano di Raffaella Covino - Un'occasione sprecata?

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Programma radio, Redazione
Titolo Film: 
Dammi una mano
Regista: 
Raffaella Covino

Scrivere una recensione non è mai facile, sopratutto quando si parla di progetti pieni di passione ed entusiasmo come ‘Dammi una mano’ di Raffaella Covino. Il rischio è sempre quello di essere troppo duri e risultare antipatici, ‘cattivi’ oppure di essere al contrario troppo buoni, visto e considerato il fatto che questo film è stato realizzato con un budget ridottissimo di cui in fase di giudizio ne terrò conto. Un budget ridottissimo e un motto, uno slogan, quello del film a km zero.Cominciamo dalla parte tecnica, che tutto sommato si attesta su livelli più che buoni per quanto riguarda le inquadrature, l’audio e il montaggio. Ampiamente rivedibile la fotografia che risulta troppo neutra, per i miei gusti. Oltre alla parte tecnica questa insipidità si nota in tutto il resto del film, sia per quanto riguarda le sceneggiatura che per quanto riguarda la regia. Senza spoilerare nulla, la trama risulta pulita e scritta bene. Non vi sono buchi e tutte le storie vengono concluse alla fine dei quasi 90 minuti di pellicola.La colonna sonora purtroppo risulta eccessivamente didascalica e senz’anima. Anche per quanto riguarda la regia, come già detto in fase di giudizio tecnico non vi sono sbavature. Ed è proprio qui il problema più grande di tutto il film, è un esercizio di stile, una produzione che ricalca gli stilemi delle tante commedie italiane degli anni ‘90, senza aggiungere praticamente nulla. Si parlava di film a km zero, ebbene, Perugia è solo lo sfondo del film, le belle riprese della città non entrano nella storia e questo è inaccettabile, basta guardare il trailer per rendersi conto che i personaggi del film parlano una lingua che non esiste, un italiano corretto e pulito con una lievissima cadenza perugina e che toglie tutta la credibilità a questa produzione.Questa scelta stilistica rende il film ampiamente non sufficiente per me in quanto è una mancanza gravissima e non dettata dalla mancanza di budget, il dialetto in un film del genere non solo sarebbe stato accettabile ma sarebbe stato quel tocco in più che avrebbe potuto dare credibilità a una pellicola che ha altre mancanze accettabili (parliamoci chiaramente, è stato girato praticamente a costo zero, posso accettare una fotografia non perfetta) Peccato davvero perché la promessa di un film a km zero, come pubblicizzato poteva essere un’idea carina (pensiamo agli esempi di Romanzo Criminale o Gomorra, lì il dialetto è fondamentale) ma se si vuole fare una cosa di questo tipo la città deve essere la vera protagonista, sia con i luoghi dove i cittadini passano le proprie giornate, sia con le abitudini sia con il dialetto della città.La prova degli attori è gravemente influenzata anche da questo, risultano credibili solamente la sorella della protagonista che secondo me è il personaggio scritto meglio(interpretata da Marta Pellegrino), in alcuni punti il direttore del tg e indipendentemente dalla pronuncia la paziente anoressica che viene interpretata molto bene. Per il resto del cast è troppo palese la provenienza teatrale, sopratutto della protagonista Ilaria Falini che nonostante l’impegno risulta inadeguata a ricoprire un ruolo così importante. Resta comunque notevole l’impegno della regista Raffaella Covino alla sua opera prima di cui riconosco la capacità di cogliere il meglio da uno scarso budget, offrendo come detto in apertura una regia pulita ma che non riesce ad offrire nessuna emozione.Peccato. Sarà per la prossima.AlessandroCicioni