Il Casellante
Il Casellante, spettacolo ospitato dal Teatro Morlacchi di Perugia dal 22 al 26 Febbraio, è la trasposizione teatrale dell’opera letteraria del celebre scrittore siciliano Andrea Camilleri. Secondo racconto appartenente al suo ciclo cosiddetto mitologico che comprende “Maruzza e Musumeci” e “Il Sonaglio”.
Lo spettacolo vede la regia di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale con battute scritte squisitamente in dialetto siciliano. Ebbene sì, la regia è voluta rimanere fedele allo stile dello scrittore per coinvolgere lo spettatore nel mondo di Camilleri, un mondo, il suo, dominato da “mitologia” e forte identità sicula. In un Teatro Morlacchi ricco di pubblico, sulla scena, a fare da sfondo è stata la realtà di una Provincia siciliana degli anni ’40 del secolo scorso, la quale assiste a vicissitudini di uomini e donne di quel tempo che si trovano a confrontarsi con allora serie problematiche sociali quali la guerra, il fascismo, l’amore, la maternità negata e la brutalità. Lo spettacolo è stato interpretato talentuosamente dal versatile attore Moni Ovadia, narratore ed interprete di vari personaggi (il barbiere, la mammana del paese, il giudice, un gerarca, il ferroviere autore della violenza sessuale), si è mostrato parte integrante di quest’opera corale affiancato da musiche che hanno reso la visione più affascinante e toccante.
Le musiche, infatti, sono state composte da Mario Incudine che interpreta proprio il casellante. Un semplice cittadino lavoratore, il casellante, che nel sorvegliare che passi un treno nella tanto povera Sicilia dell’epoca, arrotonda lo stipendio strimpellando qualche canzone con il compare Totò interpretato da Giampaolo Romania. Nel corso del racconto, però, il Casellante si trova ad affrontare la dolorosa maternità negata della tanto amata moglie incarnata magistralmente da Valentina Contadino. Una vicenda che disegna una Sicilia arretrata ed allo stesso tempo contemporanea, allegra ed anche fortemente tragica che si mostra nelle tipiche piazze siciliane e tra le chiacchiere di paese che confermano la genuinità del pensiero della gente comune degli anni quaranta.
La parola ed il confronto con il prossimo, il raccontarsi con tutte le gioie e le delusioni quali possono essere il dolore di una moglie che non può dare alla luce un figlio e si dispera nella sofferenza più fisica quanto sincera. Un miscuglio di emozioni che trascinano lo spettatore scena dopo scena, sicuramente sollecitato, dalle azzeccate musiche e dal bel canto di Mario Incudine e della compagna di scena Valentina Contadino che si è calata nella parte da far astrarre il pubblico dalla realtà e far focalizzare l’attenzione sul suo dolore.
Al termine della rappresentazione, ha accompagnato la scena “un albero”, curiosa ma pregnante similitudine con la maternità negata alla protagonista femminile, che si immedesima nella suo fallimento più grande ad un emblematico figlio di madre natura che può riprodursi. Scene capaci di trasmettere emozioni di forte intensità agli spettatori tanto da rimanere impresse nei loro volti a conclusione dello spettacolo.