La Gioia al teatro Morlacchi
a cura di Oscar Giambitto
A distanza di due anni, quando portò in scena Vangelo, l’attore teatrale e regista PIPPO DEL BONO rivarca la soglia del Teatro Morlacchi di Perugia con un nuovo spettacolo: LA GIOIA.
Liberamente ispirato alla stessa biografia dell’autore, ai suoi viaggi, ai suoi incontri e alle volontà della madre che in punta di morte, incita il figlio a creare un nuovo spettacolo che parli d’Amore, in tutte le sue forme tra cui l’amore proprio che rende l’uomo folle, una voce discordante nella realtà, una nota stonata in un coro monotono dove si è persa la volontà di essere sé stessi e dunque si è persa la ricerca.
La protagonista dello spettacolo sembra essere, in apparenza, la Gioia ma a veder bene, essa non èaltro che un punto d’arrivo, la fine di un cammino, il liberarsi, l’opporsi in modo ostinato e contrario al risucchio di una voragine di sofferenza, follia, angoscia, struggimento, morte.
Questo conferisce alla narrazione un sviluppo in divenire, con la presenza di quelli che, lo stesso regista, definisce come buchi neri dove trovano spazio l’improvvisazione, la riflessione, l’ignoto.
In un’armonica fusione tra palcoscenico e platea, si crea quasi un’alchimia tra attore e spettatore; il quale è costretto, non a riaprire, bensì a scavare nelle proprie ferite. Lì dove il tempo ha apparentemente versato un balsamo, che si trasforma in alcool e brucia così tanto da sentirsi morire.
Perché non si muore solo una volta nella vita, e in questa dicotomia morte-gioia, è racchiusa l’essenza dell’essere umano.
Il palco è spoglio, pochi sono gli elementi che lo animano nel corso dello spettacolo, ma tutti volti ad ampliare le emozioni, come la gabbia o i cumuli di indumenti.
Una menzione particolare all’uso magistrale delle luci di Orlando Bolognesi, le composizioni musicali di Pippo Delbono e Antonie Bataille, i versi di Kikuo Takano e le colorate composizioni floreali di Thierry Boutemy.
Quello di Pippo Delbono è una variante Sociale, il suo entourage non è altro che l’unione degli ultimi, degli emarginati: Bobò, un sordomuto, che ha trascorso i primi 80 anni della sua vita in un manicomio, insieme a ex barboni, prostitute, down, tossici e che tramite il Teatro hanno trovato una Nuova Vita, hanno intrapreso il loro cammino alla ricerca della Luce.
Ci dice Pippo del Bono: “Penso alla gioia come ad un racconto semplice, essenziale. Penso alla gioia come a qualcosa che c’entra con l’uscita dalla lotta, dal dolore, dal nero, dal buio.Penso ai deserti, penso alle prigioni, penso alle persone che scappano da quelle prigioni, penso ai fiori".