L'esame: perchè la realtà non superi la fantasia

L'esame: perchè la realtà non superi la fantasia
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Collaboratore
Titolo Spettacolo: 
L'Esame di Richard Matheson regia Andrea Paciotto

Una fitta nebbia riempiva le strade di Marsciano mentre andava in scena, giovedì scorso, L'Esame. E l'atmosfera all'interno del teatro Concordia era simile a quella un po' inquietante che la nebbia dona alle strade....
La vicenda de "L'esame" si svolge apparentemente come una qualsiasi vicenda; ma la musica, costante compagna di viaggio, ci tiene sospesi sul filo dell'anormalità. Ciò che è davvero inquietante è il fatto che quest' "anormalità" raccontata da Matheson veste perfettamente i panni del quotidiano, del possibile, del già sentito.
Un padre, un figlio, una nuora.
Ed un esame: l'esame di una vita, il test attitudinale alla vita, che vale una vita: chi non lo supera non è degno di continuare la sua esistenza. È ciò che lo Stato (uno stato qualsiasi, il nostro, perché no?) chiede a chi ha superato i 60 anni nella società immaginata da Matheson per come potrebbe essere o sarà nel 2020.
Ciò che più spaventa non è la terribile imposizione dello Stato, ma l'atteggiamento del figlio di Giampiero e di sua moglie: la società ha convinto anche loro che il vecchio Giampiero sia solo un peso, inattivo, inutile e rimbambito, con cui è una fatica parlare perché non ti capisce, ma è testardo e vuole vincerla sempre lui. No, decisamente, altri 5 anni così no, dice Caterina, abbiamo i bambini, ne sta per arrivare un altro.... E Francesco suo marito è d'accordo con lei, ma non riesce a dimenticare che è suo padre, che lo ha cresciuto, non riesce a rassegnarsi a condannarlo a morte, questo ancora gli sembra troppo. Eppure domani ha l'esame, la sua vita si decide domani. Ma Giampiero non si dispera e fa una scelta di libertà. Non accetta di farsi giudicare idoneo o meno alla vita da qualcun altro: preferisce togliersela da solo. Come uno scolaro discolo non si presenta all'esame. Gira la città sotto la pioggia per l'ultima volta e torna a casa con le pillole fatali. Suo figlio e la moglie non avranno neanche questa possibilità di scelta: saranno i loro figli a firmare il documento per la soppressione, quello che evita di perdere tempo con l'esame.
Un'ora di spettacolo dai ritmi lenti e le atmosfere sospese, intenso e coinvolgente, ci tocca nel profondo. Tre interpreti che hanno conservato il loro nome reale ed il loro accento locale per rendere la vicenda ancora più credibile e pericolosamente vicina alla realtà. Giampiero Frondini, una vitalità che supera l'età anagrafica e con lucidità racconta il dramma dei suoi 80 anni; Francesco Bolo Rossini, il talento dell'attore che non recita, vive nel suo personaggio; Caterina Fiocchetti, con il peso di essere l'unico personaggio femminile eppure il più cinico, nel tentativo riuscito di trasmettere l'urgenza di prendere coscienza della realtà. La regia di Andrea Paciotto impreziosisce la messinscena con luci che descrivono stati d'animo, la musica sempre costantemente sullo sfondo, come il continuo ticchettare dell'orologio, come un richiamo all'importanza di ogni momento che passa: questo spettacolo è una sentinella d'allarme, un grido soffocato allo stay human, restiamo umani. Scritto nel 1954, questo testo non è pura fantascienza creata da una mente un po' perversa; è invece la riflessione lucida e profetica di chi ha capito in che direzione di cinismo andrà il mondo, e scrive per tentare di rallentare questa corsa.