Occident Express - Haifa è nata per stare ferma
a cura di Oscar Giambitto.
OCCIDENT EXPRESS - Haifa è nata per stare ferma.
Ogni viaggio inizia con un passo, ma non è detto che questo passo sia voluto: spesso è qualcosa di più grande che decide per la sorte dell’essere umano.E’ la cronaca di una fuga, di un esodo forzato, di un pezzo di vita vissuta; è uno spaccato di storia contemporanea quello che in Occident Express, in prima assoluta nazionale, la regia di Stefano Massini ha portato in scena al Teatro Morlacchi di Perugia.
La narrazione è affidata a Ottavia Piccolo, la cui voce si fonde con il suono degli strumenti dell’ Orchestra Multietnica di Arezzo, componendo una sorta di ballata.L’assurdo diventa reale nella storia di Haifa Ghemal, una donna dai capelli bianchi che costretta a scappare dalle terre aride di Hulaly, nel nord dell’Iraq, vaga lungo la nota ‘rotta dei Balcani’ e giunge nel Baltico. Dalla Siria alla Svezia, in circa quattro mesi, percorre cinquemila chilometri. Lascia un numero imponderabile di impronte e di ciascuna ne avverte il peso, mentre sulla scena quasi vuota, con tono di discolpa, ribadisce: “Se avessi potuto scegliere, non avrei fatto neppure un passo”.
Superlativa interpretazione della Piccolo che, senza un attimo di sosta, in un monologo di novanta minuti, è riuscita a infondere l’incessante affanno dell’individuo che lotta per sopravvivere, sospeso come a un filo sull’orlo del precipizio. Con piglio asciutto, sorriso sulle labbra e voce ferma, si serve del potere evocativo della parola per raccontare scene crude, in cui l’immaginabile può essere immaginato. Con un tono di compassione (cum patior: soffrire insieme) e non di pietà, evidenzia la perdita di identità di Haifa che afferma di essere: “analfabeta”, dal momento che non è più in grado di provare emozioni poichè svaniscono quando si vive a stretto contatto con la morte.
Un elogio alla regia: Massini potrebbe essere definito il “Bertolt Brecht” dei giorni nostri. Tra rigore e semplicità scenica, toglie il più possibile, rendendo la visione meno invasiva e più leggera. L’irrazionale prende forma, si anima ed esplode nell’immaginario dello spettatore: solo invadendo prima la mente, e poi il cuore, è possibile cogliere l’essenza di una tematica così forte.
Gli otto elementi dell’orchestra si muovono a ritmo sul palcoscenico, divenendo il punto di riferimento dell’attrice. Le musiche, composte da Enrico Fink, diventano parte insostituibile della rappresentazione ed evocano le caratteristiche dei luoghi toccati da Haifa, sottolineandone i sentimenti.
Gli abili giochi di luce ed ombre, disegnati da Alfredo Piras, tengono desta l’attenzione, conferendo un pathos maggiore alla visone.
La combinazione tra note, luminosità, buio e parole raggiunge il suo apice nella “Scena del tunnel”, creando una eco che spezza il tabù su un grande silenzio che, da sempre, accompagna il tragico destino dell’umanità.