Orfani del nostro tempo: Patres, il teatro della genitorialità sociale
Un titolo latino per una storia calabrese negli accenti, italiana nelle atmosfere. Debutta in seconda serata (secondo appuntamento della prima giornata di Primavera dei Teatri) lo spettacolo della compagnia Scenari Visibili per la regia di Saverio Tavano e Dario Natale.Nell’intimità della sala 14 del protoconvento francescano di Castrovillari si dispiega lo scenario salmastro di un rapporto padre-figlio; il mare è temibile spettatore di un’attesa, carico di speranze e portatore di nostalgia. La cecità è il nastro su cui questo rapporto si costruisce, simbolo della fiducia portata e dovuta ad una figura di riferimento che tanto ci necessita quanto ci manca in quest’oggi precario.Un Telemaco che parla il dialetto lametino si fa portavoce dell’innocenza della gioventù, carica di speranze e curiosità, ma pronta al dubbio; davanti a lui la figura speculare di un padre disincantato, uomo di mare inerme davanti alla cupa realtà che lo circonda. Il mare che è patria più che la terra, entità temibile che esige rispetto, è stato reso complice di un delitto, una nave carica di rifiuti tossici affondata di proposito nelle sue acque. Ma il mare è vendicativo, e quella nave finisce per arenarsi sulla costa, avvelenando le spiagge ed i suoi figli. Nell’anima di Telemaco sorge il dubbio, ma l’accusa non arriva a concretizzarsi in parola perché quella figura paterna è troppo ingombrante, zittisce ogni paura sul nascere con l’arma della distrazione. Perciò si canta, si balla, e le parole paterne diventano gli occhi del figlio non vedente. Finché, incapace di affrontare la realtà, incapace di rivelare la verità sul triste mondo in cui ha fatto nascere suo figlio, il padre scompare, lasciandolo appeso alla speranza di un ritorno. Spettri sonori completano le atmosfere evocate dal testo di Saverio Tavano e dall’intensa interpretazione di Dario Natale e Gianluca Vetromilo. I forti accenti dialettali caricano di concretezza questo dialogo su una genitorialità più sociale che paterna: siamo tutti Telemaco, ciechi e disorientati, consenzienti ci lasciamo legare per la caviglia alle corde dell’omertà e dell’indifferenza, muovendoci solo nel perimetro che ci è consentito; votiamo fiducia innata ad un Patres che non ci sa aiutare, che trama alle nostre spalle e che sparisce quando le cose si complicano. Finché la dura realtà non ci apre gli occhi, ci sottrae a quell’illusione di sicurezza, lasciandoci un’eredità di solitudine e di disperazione. Ma questa consapevolezza è il punto di partenza di un nuovo inizio, che faccia degli errori di chi ci ha preceduto i fari di un percorso sulla via del cambiamento.