Patti Smith trascina Perugia col suo rock libertario per la seconda serata di Rockin'Umbria

Seconda serata ieri per Rockin'Umbria all'arena Santa Giuliana di Perugia, dopo gli Afterhours è arrivata la sacerdotessa del rock, Patricia Lee Smith, da tutti conosciuta come Patti Smith. Un vero e proprio pezzo da museo del rock mondiale, la Smith ha contribuito a modificarne i canoni, a influenzarne gli sviluppi e ha operato una vera e propria rivoluzione anche per quel riguarda la figura della donna nel rock.
Una vera e propia icona, che però nel museo davvero non ci vuole stare; lo ha dimostrato ampliamente ieri sera, scardinando fin da subito l'idea un po' borghese che il pubblico potesse stare davvero seduto sulle sedie ordinatamente collocate sul prato dello stadio.
Meno rock Patti degli Afterhours? Non scherziamo. A 65 anni suonati la signorina Smith ha dato una vera e propria lezione di rock, libertà, poesia e forza. La quintessenza della femminilità, verrebbe da dire, di quella femminilità che in poche hanno il coraggio di mostrare: libertaria, disprezzante di qualsiasi tipo di potere e di regola, la cui bandiera è l'amore e l'entusiasmo ingenuo che la rende una vera e propria poetessa, capace di soprendersi e stupirsi quasi per nulla, ma anche di ammaliare e sedurre con la sua splendida voce. Patti che sputa rock'n'roll: e qualcuno non potrà mai vederci femminilità in quel gesto, ma figurarsi se lei potrebbe mai piegarsi ai modi da “signora di una certa età”, lei che non ha mai avuto paura di confrontarsi con il rock maschio del CBGB, e che non per questo ha mai rinunciato a tutto il resto, madre e donna in amore, lei che ha scritto (non da sola, lo sappiamo) e interpretato una delle canzoni d'amore più belle, “Because The Night”. E un pensiero ce l'ha per tanti - amici e non solo - nel suo vastissimo repertorio e ovviamente anche in questa notte perugina: per Amy Winehouse, con “This is The Girl”, per Johnny Depp con “Nine”, per il suo amico Tom Verlaine dei Television “We Three”, per Emergency “Peaceble Kingdom” e per i giovani poeti del futuro “Beneath the Southern Cross”.
Un'ottima scaletta, con diversi brani tratti dall'ultimo “Banga”, impreziosita da pezzi straordinari come “Ghost Dance”, “Dancing Berefoot” "Distant Fingers" e la bellissima “Pissing in a River”.
Ma probabilmente il momento più impressionante di tutto il concerto è quando la Smith inizia a decamare i versi con i quali si apre "Land", nella sua diramazione in "Horses" che porta all'intonazione della celeberrima versione di “Gloria”: Patti Smith sembra una ragazzina su quel palco, la sua voce fantastica sembra non essere minimamente scalfita dal passare del tempo, e a guardarla da lontano, lassù, sotto i riflettori con i suoi jeans sdruciti e la canotta che le lascia scoperte le lunghe braccia, dimenarsi, correre, raccontare del suo Johnny "burroughsiano" e urlare “Horses! Horses!” e poi “Gloria! Gloria!” si può tranquillamente sognare di essere lì, nella New York degli anni Settanta, tra un concerto dei Ramones e uno dei Television.
Ed eccolo,infine, il finale da tanti atteso: l'inno alla libertà “People Have The Power”, intonato coralmente da tutta la platea: sembrerebbe che la gente ne conosca davvero ogni verso a memoria. Sul fatto che sappiano davvero quel che stanno cantando, qualche dubbio viene. Ma la musica è anche questo, e chissà che questo concerto non porti un pizzico di curiosità ed ammirazione per personaggi come Patti Smith.
“Be Free!”, lei ce lo ricorda sul finale, e quasi scende una lacrima.
Siate liberi.