Recensione dell'album "Le relazioni pericolose" dell'omonimo gruppo
a cura di Rossella Biagi
Giochiamo quasi in casa con Le Relazioni Pericolose, una band che racconta la storia di 5 differenti percorsi musicali, quelli dei membri che ne fanno parte: Valerio Bellocchio (alla chitarra), Enrico Bellocchio (al basso) e Iacopo Bianchini (batteria), Enrico Sabatini (tastiere) e Bernardo Mattioni (the voice). In questo progetto convergono le esperienze musicali di ciascun componente.
Si tratta di un progetto che, nella sua fase embrionale, Radiophonica ha seguito da vicino: sin dal 2012, anno in cui il gruppo si è garantito il secondo posto al concorso UNIMUSIC Live – evento che intende promuovere la creatività di gruppi universitari di tutta l'Umbria. Dall'incontro tra i 5 musicisti nasce, dopo un periodo di gestazione, il loro lavoro in studio, l'EP omonimo del gruppo di Orvieto – Le Relazioni pericolose – uscito a settembre 2013.
Una prima considerazione da fare a proposito di questo album è il fatto che stiamo parlando di un EP “autoprodotto” dal gruppo: una scelta importante che consente agli artisti di limitare le “ingerenze esterne” dei produttori, oltre a permettere una costante supervisione sulla realizzazione dell'album.
Scendiamo nel dettaglio e iniziamo a scorrere le tracce di questo EP.
Ad aprire le danze, ovviamente, non poteva che essere la traccia “Le Relazioni Pericolose”. Giri di basso che trascinano l'ascoltatore in un vortice stoner-rock “duro e puro” e pure un po' cattivo, da cui emerge una voce profonda ma distante. La voce sembra echeggiare da lontano ma diventa chiara e nitida quando deve scandire bene certi passaggi del testo della canzone, soprattutto quando descrive la libertà come un elemento illusorio che, se è privo di contenuti, si trasforma in trappola o in prigione.
Esiste una via di fuga da queste prigioni - che spesso ci costruiamo da soli-? Forse.
La seconda traccia, “Ardaq”, spinge l'ascoltatore ad addentrarsi in una specie di “flusso del pensiero”, alla ricerca di una via di fuga, che potrebbe risiedere nella capacità di liberarsi dalle proprie catene, di superare le proprie paure e abbandonare l'apatia che ci rende tutti uguali. Preparatevi dunque con “Ardaq” ad ascoltare un brano che, sin dai primi accordi, incita alla “ribellione”, al rigetto dei vincoli imposti: chitarre che graffiano, una voce “cruda” che scandisce il testo, tastiere quasi electro-psichedeliche e il basso e la batteria che si rincorrono dando la sensazione di essere in fuga.
Con un ritmo inizialmente meno frenetico arriva la terza traccia “Senza Confini”, che trasporta l'ascoltatore in una dimensione melanconica, in cui il pensiero s'aggira in un'atmosfera triste e opaca, in cui l'idea d'azione evoca considerazioni dolorose o la visione di danni inevitabili. Una quiete apparente, che nasconde acque agitate. In una prospettiva questo modo si vede l'orizzonte, un tribunale senza giudici, come meta forse irraggiungibile. Il ritmo e le sonorità tranquille e perfettamente equilibrate all'inizio, sono sostituite, dopo la prima strofa, dal cambio di ritmo, che contribuisce ancora di più a immergere l'ascoltatore in una dimensione più ansiogena e grigia.
Arriviamo quindi a “Libico”, la quarta traccia, che immerge l'ascoltatore in sonorità orientaleggianti – attraverso i suggestivi accordi della chitarra e dalle variazioni della voce - ma su cui si innestano contaminazioni elettroniche, particolarmente pervasiva dalla “gioco” della tastiera. Un ruolo centrale in questa traccia se lo ritaglia sicuramente la batteria, lanciata su un 7/4 davvero ricercato ed elaborato: ghost notes e abbellimenti vari - soprattutto nelle strofe – ma senza scadere nell'ossessione maniacale di figure ritmiche barocche.
A chiudere l'EP è la traccia “Deserto”, che vede il contributo del rapper Rancore, artista ormai consolidato sulla scena dell'hip-hop nazionale. Traccia particolare: presenta accenti spostati su cui “dialogano” tra loro basso e batteria, che creano una sensazione di continuo movimento. Una commistione di generi davvero interessante: resa ancora più particolare dalle due voci – così diverse tra loro.
Già al primo ascolto ci si accorge che siamo difronte a una sequenza di tracce “ricche e complesse” - pur nella loro linearità - che nascondono più di quando non possa trasparire immediatamente. Questi giovani artisti orvietani li conosciamo musicalmente da anni, e già ci erano piaciuti, ma la cosa – non scontata – è che dalle loro esibizioni all'Unimusic sono maturati e adesso ci piacciono ancora di più.
Torniamo all'EP.
Ascoltando tutte le tracce inizierete a rendervi conto che l'album ha una caratteristica davvero unica: è come un gioco dell'equilibrio tra strumenti e voce. E Le Relazioni Pericolose riescono perfettamente a creare questo equilibrio, che -per inciso – è in continuo cambiamento.
E' come provare a far restare sempre in equilibrio i due piatti della medesima bilancia scambiando però il valore e il posizionamento dei pesi. Così in questo gioco di pesi e contrappesi si scambiano e confondono – come se fossero veri e propri dialoghi tra i componenti del gruppo – i botta e risposta tra gli strumenti (ad esempio la voce va a bilanciare il basso, che viene richiamato dalla batteria, a sua volta arricchita dalla chitarra, che viene ripresa e - a volte – stuzzicata dalle tastiere, su cui si appoggia la voce). Lo scambio e il gioco sono continui e trasmettono un forte dinamismo ai pezzi, che non si ripetono mai uguali.
Questo EP presenta canzoni molto “ragionate” e “ricercate” sia per quanto riguarda i testi che per i sottili equilibri e giochi che i cinque musicisti sono riusciti a creare tra i vari strumenti. Chissà cosa potremo aspettarci dal loro prossimo lavoro?
Note a margine:
1) l'EP è stato prodotto da Gabriele “Svedonio” Tardiolo e mixato presso il Mami Studio Records di Orvieto;
2) occorre spendere qualche parola sui testi – rigorosamente in italiano – che sono davvero particolari. La scelta di certe figure ed espressioni sono fortemente suggestive e si intrecciano “anima e corpo” sulla musica. Come un pennello che si muove su una superficie già dipinta e che crea al suo passaggio un amalgama unico;
3) stando a indiscrezioni Le Relazioni Pericolose potrebbero registrare, entro il 2014, un full-length album;
4) non commettete l'errore di pensare che Valerio e Enrico Bellocchio siano fratelli per il semplice fatto che “entrambi” hanno lo stesso cognome e che vengono “entrambi” da Orvieto.
Biografia:
Per la parte biografica rimandiamo direttamente alla pagina FaceBook del gruppo Le Relazioni Pericolose ( https://www.facebook.com/PericoloseRelazioni?fref=ts ): ma per dovere di completezza di questa recensione ne scopiazzeremo uno stralcio di seguito.
I cinque membri della band provengono da esperienze musicali eterogenee ed anche distanti tra loro. L’incontro avviene quando al power trio costituito da Valerio Bellocchio (chitarra), Enrico Bellocchio (basso) e Iacopo Bianchini (batteria) si uniscono Enrico Sabatini (tastiere) e Bernardo Mattioni (voce). La band si esibisce in molteplici location tra Umbria, Lazio e Toscana, condividendo il palco, tra gli altri, con Rancore & DjMyke, Nobraino e Max Zanotti. Nel 2012 prende il via la fase embrionale di Relazioni Pericolose. Nell’ottobre dello stesso anno si affidano alla produzione di Gabriele “Svedonio” Tardiolo per la registrazione del primo EP ufficiale a nome Relazioni Pericolose, composto di cinque tracce. La promozione dell’EP è iniziata nell’estate 2013 in occasione della partecipazione a festival quali “I Suoni di Villalba” e “Ficulle In Rock Festival”. La band ha inoltre condiviso il palco con DjMyke e il rapper Rancore, artista di base a Roma ormai stabilmente affermatosi nella scena hip-hop nazionale e non solo, che ha prestato la propria voce e la propria penna per la quinta traccia dell’EP, “Deserto”.
Componenti:
Bernardo Mattioni – Vocals
Valerio Bellocchio – Guitar
Enrico Sabatini – Keyboards
Enrico Bellocchio – Bass
Iacopo Bianchini – Drums
Contacts:
http://www.youtube.com/RelazioniPericoloseX
Groove Nation Agency - Web:www.groovenationagency.com
Genere: alternative - stoner-rock - post rock – con inflessioni electro