Seed'n feed - Una lunga notte [2011 - Inconsapevole records]
Seed'n feed è una band attiva da un paio di decenni con un passato punk-hardcore ma pervenuta nella sua recente storia ad un rock melodico che ha molto del tipicamente italico, per intenderci sulla scia di Negramaro, Timoria, Negrita e tutti i “rockettari da radio generalista” che vi vengono in mente, con in aggiunta un pizzico di punk-emo che potrà renderla sicuramente appetibile per una fascia di pubblico piuttosto giovane.
Dunque, a parte un paio di tracce un po' più coraggiosa (in particolare la vagamente esotica “Messico”), siamo nella piena ortodossia del rock orecchiabile, sia dal punto di vista musicale (musiche lineari e di facile presa, cantato ruvido ma melodico, strutture dei brani canoniche), sia dal punto di vista stilistico e tematico dei testi, molto “pragmatici” nell'intenzione (la poesia cercatela altrove) e incentrati per lo più su pene d'amore e mal di vivere dell'incompreso che pur di non scendere a compromessi con le ipocrisie mondane (“è questa tua odiosa maschera che cela inganni e falsità corrompi tradisci e poi ti rimetti alla tua sporca coscienza”) va dritto per la sua strada con un misto di incoscienza e di “sana utopia” che in fondo in fondo mantiene la speranza di una rinascita (“non posso drogarmi di brutto e pretender che questo sia sempre giusto (?!) ma non per questo dirò che io non cambierò”).
Di conseguenza, il giudizio critico deve volgersi alle effettive capacità di “presa” nei confronti di un pubblico ampio e di bocca buona, e da questo punto di vista, malgrado l'evidente “mestiere” dei Seed'n feed, l'operazione risulta in gran parte inficiata innanzitutto da una certa macchinosità dei testi che pur nella loro semplicità espressiva non arrivano al “cuore” dell'ascoltatore da autoradio, mancando di quei ritornelli “memorabili” e di immediata presa che hanno fatto le fortune ad esempio di un Ligabue o dei Negramaro (per intenderci, le strofe da cantare a squarciagola allo stadio); inoltre la scelta in sede di mixaggio di edulcorare la linea vocale (praticamente sempre raddoppiata) porta a sacrificare la capacità comunicativa (già in sé precaria per le motivazioni suddette) sull'altare dell'intonazione impeccabile, il chè dà certamente l'idea di un prodotto solido e professionale ma allo stesso tempo crea una barriera ulteriore tra i brani e il cuore dell'ascoltatore.
Dunque un ascolto che al massimo può risultare orecchiabile, vagamente piacevole come sottofondo (sempre per un pubblico dalle scarse pretese, sia ben inteso!) grazie ad una produzione ed una composizione rocciosa e prive di pecche evidenti, ma che ha ancora molto da lavorare per ottenere quei livelli di capacità comunicativa propri dei tormentoni radiofonici nostrani.
Senza contare che per un disco che non voglia fare di certo dell'originalità il suo punto forte, 14 tracce sono davvero troppe... sarebbe stato forse più funzionale concentrare le idee migliori in una manciata di potenziali singoli.